Feuerherz

AUSTRIA 2008
Liberamente ispirato alla biografia della popstar Senait Mehari che, nata da padre eritreo e madre etiope, al tempo del conflitto tra i due popoli è stata abbandonata da entrambi. E' cresciuta in un orfanatrofio e poi in un campo di addestramento militare dei ribelli del Fronte di Liberazione dell'Eritrea, dove ha subito violenze di ogni tipo. Il fratello del padre, dopo averla ritrovata, la farà fuggire in Sudan da dove riuscirà a raggiungere il padre emigrato ad Amburgo, in Germania. Dopo un primo periodo di depressione, culminato in un tentativo di suicidio, Senait scoprirà la sua passione per la musica che le darà la possibilità di vivere con pienezza una nuova vita.
SCHEDA FILM

Regia: Luigi Falorni

Attori: Letekidan Micael - Awet, Solomie Micael - Freweyini, Seble Tilahun - Ma'aza, Daniel Seyoum - Mike'ele, Mekdes Wegene - Amrit, Samuel Semere - Haile

Soggetto: Senait G. Mehari - biografia

Sceneggiatura: Gabriele Kister, Luigi Falorni

Fotografia: Judith Kaufmann

Musiche: Andrea Guerra

Montaggio: Anja Pohl

Scenografia: Vittoria Sogno

Effetti: Jens Döldissen

Altri titoli:

Cuore di fuoco

Heart of Fire

Durata: 92

Colore: C

Genere: BIOGRAFICO DRAMMATICO

Tratto da: liberamente ispirato alla biografia di Senait G. Mehari 'Cuore di fuoco', ediz. Fabbri 2006

Produzione: TV-60 FILMPRODUKTION, RAI CINEMA, BURKERT BAREISS DEVELOPMENT, SENATOR FILM PRODUKTION, AICHHOLZER FILMPRODUKTION, BETA CINEMA, OBERHACHING BR, ARTE, STRASBOURG ORF

NOTE
- IN CONCORSO AL 58MO FESTIVAL DI BERLINO (2008).
CRITICA
Dalle note di regia: Nel mio film si dichiara in modo chiaro che ci siamo ispirati solo liberamente al libro di Senait. Abbiamo fatto ricerche molto accurate prima di girare, per questo chiedo a tutti di esprimere giudizi e accuse solo dopo averlo visto, evitando polemiche sulla veridicità dei fatti raccontati nel libro.

"'Heart of Fire', coproduzione austrotedesca, diretto dal trentasettenne fiorentino Luigi Falorni, piomba sul concorso della Berlinale tra un mare di polemiche. Un gruppo di signori eritrei che ha frequentato la scuola cattolica del film ha sostenuto che l'autrice del libro da cui il film è tratto si è inventata tutto: mai stata a fare la bimba-soldato perché in Eritrea non ci sono stati bimbi soldato. Polemica storica a parte, l'accusa dei media eritrei è che si è tentato di usufruire del successo tedesco del libro, trascurando molti particolari della storia patria. Risponde con disinvoltura Falorni: «non volevo accusare l'Eritrea o il Fronte di Liberazione. A me interessava raccontare cosa vede e cosa sente una bambina obbligata a fare la guerra e a vivere in modo innaturale l'età dell'infanzia». Heart of Fire risulta comunque film composto, misurato, senza banali cliché da filodrammatica nella sua evidente spettacolarizzazione dell'evento incriminato, appoggiato sul faccino della protagonista (Letekidan Micael) copia miniaturizzata di Zeudi Araya, naturalmente attrice, spudoratamente in parte. Truffaut, che è stato maestro nell'usare lo sguardo ad altezza bambino, sarebbe stato contento." (Davide Turrini, 'Liberazione', 15 febbraio2008)

"Al di là delle polemiche, è comunque evidente che a Falorni interessava soprattutto l'insegnamento umanitario e morale che si poteva trarre dalla storia della piccola Awet, interpretata da una bambina dalla straordinaria espressività, Letekidan Michael, qui alla sua prima esperienza attoriale come tutto il cast. (...) Il romanzo della Mehari è ben più avventuroso e complesso. Falorni lo sfronda molto e usa l'innocenza dei bambini, sprovvista dell'odio ideologico che muove gli adulti, per smascherare l'inumanità e l'inutilità di una guerra fratricida. "Scrivendo la sceneggiatura pensavo alla favola di Andersen 'I vestiti nuovi dell' imperatore' e alla capacità dei più piccoli di svelare che il sovrano è nudo". Ma qui le migliori intenzioni non salvano il film da uno schematismo un po' caramelloso: un conto sono le favole, con il loro bisogno di astrazione, un contro è la ricostruzione di un preciso periodo storico, dove la semplificazione finisce per togliere forza al realismo della narrazione." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 15 febbraio 2008)

"Il film di Falorni, giovane italiano che lavora in Germania, già candidato all'Oscar con 'La storia del cammello che piange', è semplice, piano, scorrevole, un poco edificante strappa qualche emozione solo grazie alla drammaticità della situazione e al volto della sua attrice-bambina." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15 febbraio 2008)

"Un film non privo di momenti toccanti ma che, mischiando un po' troppo superficialmente le suggestioni, ingigantisce anacronisticamente il ruolo dei bimbi combattenti in quegli eroici avvenimenti e ha il grave difetto di prestarsi alle strumentalizzazioni di chi aizza alla guerra di civiltà." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 15 febbraio 2008)

"Se il film, pur con tutte le intenzioni 'didascaliche' di denuncia del caso, s'affloscia ben presto perché non riesce a trovare le proprie gambe narrative, preferendo un accumulo telefonato di situazioni drammatiche, altro discorso suscita l'effetto procurato sulla comunità eritrea di Berlino." (Lorenzo Buccella, 'L'Unità', 15 febbraio 2008)