C'eravamo tanto amati
Gianni, Nicola e Antonio, dopo aver militato nelle file partigiane ed avere maturato insieme ferventi ideali, "scoppiata" la pace si disperdono: Antonio fa il portantino al San Camillo di Roma; Gianni diviene avvocato; Nicola insegna a Nocera Inferiore, si sposa e lotta da idealista per un cinema che trasformi la società. Luciana è la ragazza che Antonio scopre e che Gianni prima gli strappa e poi abbandona per entrare, tramite matrimonio, nella famiglia di un costruttore edile senza coscienza sociale. Occasionalmente, ma sempre più raramente, i tre si incontrano. Dopo molti anni, quando gli eroi sono stati abbondantemente ridimensionati dal tempo e dalla società livellatrice, hanno modo di esaminarsi in occasione di un incontro imprevisto al quale prende parte anche Luciana che, alla fine, ha sposato Antonio.
CAST
- Regia:
- Attori: - Gianni, - Antonio, - Nicola, - Luciana, - Elide Catenacci, - Romolo Catenacci, - Gabriella, - Anna, - Amedeo, - Il presentatore, - Torquato, - Palumbo, - Lena, - Maria, - Enrico, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stessa
- Soggetto: Ettore Scola, Age , Furio Scarpelli
- Sceneggiatura: Ettore Scola, Age , Furio Scarpelli
- Fotografia: Claudio Cirillo
- Musiche: Armando Trovajoli - La canzone "Io ero Sandokan" è di Armando Trovajoli
- Montaggio: Raimondo Crociani
- Scenografia: Luciano Ricceri
- Costumi: Luciano Ricceri
NOTE
- IL FILM PASSA DAL BIANCO E NERO AL COLORE SULL'IMMAGINE CHE UN MADONNARO STA DISEGNANDO SULL'ASFALTO DI PIAZZA VESCOVIO NELLA SECONDA META' DEGLI ANNI '50.
- IL REGISTA LO HA DEDICATO A VITTORIO DE SICA.
- IL FILM E' STATO RESTAURATO NEL 2001 DALL'ASSOCIAZIONE PHILIP MORRIS PROGETTO CINEMA.
- IL REGISTA LO HA DEDICATO A VITTORIO DE SICA.
- IL FILM E' STATO RESTAURATO NEL 2001 DALL'ASSOCIAZIONE PHILIP MORRIS PROGETTO CINEMA.
CRITICA
"'C'eravamo tanto amati' convince da qualunque parte lo si guardi: per lo stretto rapporto fra l'invenzione stilistica e l'orchestrazione della materia; per la discrezione con cui assorbe le motivazioni ideologiche in una struttura narrativa ampiamente articolata nell'analisi psicologica e di costume (...). Mischiando l'affetto all'ironia, l'amaro al buffo, e tuttavia serbandosi lucido nel giudizio politico sulle forze che hanno frenato il progresso del paese, fa più opera di conoscenza storica che di generica autocommiserazione generazionale." (Giovanni Grazzini, 'Cinema '74').