Belfast

3.5/5
Kenneth Branagh ripensa alla sua infanzia, durante gli scontri in Irlanda del Nord. Ecumenico, elementare, popolare. Scaltro e ruffiano? Forse, ma quanto cuore. Evento speciale di Festa di Roma e Alice nella Città

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GRAN BRETAGNA 2021
Buddy è un bambino di 9 anni che vive con i genitori e i suoi arzilli nonni nel North Belfast. Il ragazzino trascorre le giornate nei cinema o di fronte la televisione, guardando film e programmi americani, che lo portano lontano, oltreoceano. Siamo verso la fine degli anni '60, quando la tranquillità a Belfast viene scalfita da un malcontento generale, che vede schierarsi cattolici contro protestanti. Iniziano rivolte e attacchi, finché tutta la città non diventa lo scenario di un conflitto che porterà alla guerra civile. L'infanzia di Buddy viene inevitabilmente segnata e la serenità vissuta fino a quel momento lascia spazio a tante domande.
SCHEDA FILM

Regia: Kenneth Branagh

Attori: Caitriona Balfe - Ma, Judi Dench - Granny, Jamie Dornan - Pa, Ciarán Hinds - Pop, Colin Morgan - Billy Clanton, Jude Hill - Buddy, Olive Tennant - Catherine, Gerard Horan - Mackie, Michael Maloney - Frankie West, Gerard McCarthy - Bobby Frank, Conor MacNeill - McLaury, Lara McDonnell - Moira

Soggetto: Kenneth Branagh

Sceneggiatura: Kenneth Branagh

Fotografia: Haris Zambarloukos

Musiche: Van Morrison

Montaggio: Úna Ní Dhonghaíle

Scenografia: Jim Clay

Costumi: Charlotte Walter

Effetti: Matthew Glen - supervisione

Suono: Simon Chase - supervisione, James Mather (IV) - supervisione

Durata: 97

Colore: B/N-C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: LAURA BERWICK, KENNETH BRANAGH, BECCA KOVACIK, TAMAR THOMAS PER TKBC, IN ASSOCIAZIONE CON NORTHERN IRELAND SCREEN

Distribuzione: UNIVERSAL PICTURES INTERNATIONAL ITALY (2022)

Data uscita: 2022-02-24

TRAILER
NOTE
- PREMIO MIGLIOR REGIA ALLA XIX EDIZIONE DI ALICE NELLA CITTÀ (2021) SEZIONE AUTONOMA E PARALLELA DELLA "FESTA DEL CINEMA DI ROMA". - GOLDEN GLOBE 2022 PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA (KENNETH BRANAGH). ERA NOMINATO PER: MIGLIOR FILM DRAMMATICO, MIGLIOR REGISTA, MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA (JAMIE DORMAN, CIERÁN HINDS), MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA (CAITRIONA BALFE), MIGLIORE CANZONE ORIGINALE (DOWN TO JOY). - OSCAR 2022 PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE. ERA CANDIDATO PER: MIGLIOR FILM, MIGLIOR REGISTA, MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA (CIARÁN HINDS), MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA (JUDI DENCH), MIGLIOR SUONO, MIGLIORE CANZONE ORIGINALE ("DOWN TO JOY" - VAN MORRISON). - BAFTA 2022 PER MIGLIOR FILM BRITANNICO. - CRITICS'CHOICE AWARDS 2022 PER: MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE, MIGLIOR CAST CORALE, MIGLIOR GIOVANE INTERPRETE (JUDE HILL). - DAVID DI DONATELLO 2022 PER MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE.
CRITICA
"Il racconto della sua Belfast è una questione privata, un amarcord personalissimo e sentimentale filtrato attraverso gli occhi della nostalgia. La città è quasi un set di cartone, come i villaggi dei western che si vedono al cinema o alla televisione, con la vita che brulica attorno a un' unica via, la via di casa in un quartiere misto, luogo simbolo dell' infanzia, regno dell' innocenza e dell' illusione, ma anche una sorta di palcoscenico teatrale, dove il regista britannico, allievo di sir Laurence Olivier, si muove evidentemente a suo agio (e con un cast di tutto rispetto). Inevitabile che in un quadro così idealizzato, persino i disordini e le violenze di quei giorni finiscano per essere ingoiati in una zuccherosa melassa, derubricati a episodi aneddotici che saltuariamente interrompono la routine familiare del piccolo Buddy, tra Amelie e Totò Cascio, tutto sorrisi, lentiggini e stupore, attraverso il cui sguardo il regista rivisita i primi anni della sua esistenza: i vicini di casa, la mamma, il fratello maggiore, i compagni di scuola e gli adorati nonni, l' atteso rientro del padre che fa il pendolare a Londra, dove lavora come carpentiere accarezzando l' idea di un trasferimento con la prospettiva di una maggiore stabilità economica per la famiglia. La Belfast di Branagh rappresenta un luogo mitologico e irreale, il regno della finzione assoluta. Un rifugio dell' anima, ricordo che si fa cinema e nel quale il regista, in questo senso coerente, non rinuncia a imprimere un' impronta visiva ben definita e persino enfatizzata dall'uso del grandangolo, l' abbondanza di primi e primissimi piani, il bianco e nero digitale (con il colore usato solo come vezzo al cinema, al teatro o laddove c' è «verità»). Non si può accusare il film di non essere qualcosa a cui neppure ambisce, ma per lo meno di mancare di sostanza, restando implacabilmente incastonato in superficie, facendo leva sui buoni sentimenti e sulla nostalgia per un passato astratto, cadendo involontariamente nella trappola dell' inevitabile eccesso di stile." (Beatrice Fiorentino, 'Il Manifesto', 24 febbraio 2022) "(...) l' autore dipana e intreccia fili di fantasia e realtà con gran potere immaginifico, così siamo tutti chiamati in causa. Per chi ama il cinema è un' occasione da non perdere, un film meraviglioso di cui siamo ostaggi dalla prima scena: l' autore ci racconta la guerra civile con lo stupore di un bambino che non capisce perché tanta violenza in case e strade fino a ieri pacifiche. (...) Con l' aiuto di droni e ralenti e sulla prepotente musica di Morrison, Branagh riesce a sposare senza retorica, in un bianco e nero da antologia, malinconia e allegria, prosa e poesia del quotidiano, realtà e voglia di fiction, un West eroico filtrato da John Wayne o Gary Cooper. Tutto a misura di Buddy, nei cui occhi si riflette il mondo prima che la realtà squarci lo schermo con tutte le illusioni." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 24 febbraio 2022) "Il regista Kenneth Branagh, per interposto bambino, lascia raccontare al piccolo Buddy la sua infanzia in una città dove, nei primi anni '60, a un ragazzino era concesso di giocare in strada e, alla fine dello stesso decennio, in fondo alla via c' erano le barricate. Il violentissimo scontro sociale, politico e religioso tra cattolici e protestanti, repubblicani e lealisti, era diventato il terreno di una battaglia senza quartiere in una piccola capitale, dove i vicini, amici di ieri, diventavano improvvisamente i nemici di domani. Le lacerazioni avevano distrutto rapporti, lasciando solchi profondissimi, radicati nella mente e nell' animo di chi li ha vissuti. E Branagh è riuscito a parlarne solo dopo mezzo secolo. Ha trovato il tono giusto per raccontare la città e la gente che ha amato (...). Ne esce un film che è un perfetto cocktail tra la nostalgia dell' infanzia di Buddy, lo spaccato familiare con gli ironici nonni e i preoccupati genitori e gli scontri, le barricate riflesse nel chiaroscuro di un bianco e nero suggestivo in cui si specchiano tensioni e poesia. Un bicromatismo che tocca i sentimenti nella stessa misura in cui suscita la condanna e, al tempo stesso, la pietà per militanti e combattenti che in un nanosecondo passano da vittime a oppressori. E se il film ha un difetto è proprio l' essere un po' gigione. Pensato e costruito per piacere a ogni latitudine." (Stefano Giani, 'Il Giornale', 24 febbraio 2022) "Autobiografico (il regista all'epoca degli eventi aveva 9 anni), il film di Branagh è sicuramente sincero ma segue da vicino le regole del film di formazione (coming-of-age, si usa dire da un po') su sfondo nostalgico d' epoca: nei personaggi, nello stile, nell'idea stessa della Grande Storia vista dagli occhi di un bambino. Il modello lontano ma sempre vivo, in ambito inglese, rimane forse ancora Anni 40 di John Boorman. In linea col progetto l' uso delle canzoni di Van Morrison, di Belfast come il regista, che ha anche composto un brano originale per l' occasione. Strizzatina d' occhio: il protagonista legge i fumetti di Thor, di cui Branagh, oltre quarant'anni dopo, realizzerà la versione cinematografica." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 24 febbraio 2022) "(...)il film non è solo un quadro allarmante a dimostrazione di come bastino pochi facinorosi armati per distruggere la pace di molti; è anche, e soprattutto, un affresco corale e un'autobiografica memoria. La cornice d'epoca, siamo nel 1969, e i personaggi escono fuori vividi, gli attori (fra cui «nonna» Judy Dench) sono incantevoli, in un nostalgico bianco e nero la regia fila con freschezza sull'onda del ricordo e della musica di Van Morrison, alternando tenerezza e tensione, gioia e dolore.Si ama e si litiga, si ride e si soffre così com'è la vita, in un clima di calda affettività che a tratti sfiora, ma con estrema grazia, il sentimentalismo." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 24 febbraio 2022) "(...) il nuovo memoir rappresenta un ritorno semi-romanzato al periodo felice dell'infanzia trascorsa nel quartiere operaio Falls Road e protetta da genitori affettuosi e litigiosi e nonni spiritosi e saggi (...). I sentimenti e i traumi filtrati dalla percezione di un bambino regalano sempre emozioni allo spettatore, tanto più se, come in questo caso, la firma e la confezione s' avvalgono del top di recitazioni, fotografia e musica. Proprio il sovraccarico di quest' ultima, però, determina la prima di non poche riserve (...). Inoltre una diffusa leziosità con annesse overdosi di riprese via droni o al ralenti rivela, tra un sospiro nostalgico e l' altro, il didascalismo un po' gramo che s'intrufola dovunque inficiando la genuinità dell'amarcord." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 25 febbraio 2022) "Belfast però non è un film sulla guerra, è soprattutto una nostalgica lettera d' amore alla città natale che il cineasta ha dovuto abbandonare con la famiglia da piccolo quando la brutalità della Storia stava superando l' innocenza dell' infanzia. (...) La ricognizione testimoniale del dramma storico diventa fiaba e sogno, l' incanto e il gioco prendono necessariamente il sopravvento sui "misteriosi" guai che accadono alla sua famiglia. Negli occhi del baby Kenneth (detto "Buddy") tutti celebrano Belfast, luogo di magie, di canti tradizionali struggenti e scatenati balli popolari, nutriti da quell' inconfondibile ironia e sorriso che da sempre permette agli irlandesi di superare i soprusi dei vicini britannici. È in questo clima di contraddizioni che il piccolo Ken inizia a manifestare la passione per il cinema, creandosi un mondo auto-protetto dall'immaginazione per resistere alla distruzione in corso "laffuori". Seppur emozionante, e con distinti momenti di scrittura e regia, Belfast non riesce, purtroppo, a trasformare l' ispirazione del ricordo frammentario in un racconto cinematografico narrativamente e formalmente convincente, limitandosi alla patina della buona confezione di rado capace di graffiare con visionarietà la tela della memoria." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 26 febbraio 2022)