Barbara

2/5
Mathieu Amalric dirige un film-nel film-nel film ma senza catturare davvero lo spirito del personaggio che vorrebbe raccontare. Apertura di Un Certain Regard a Cannes 70

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FRANCIA 2017
Un'attrice è stata chiamata a interpretare Barbara e le riprese stanno per iniziare. L'attrice lavora sul suo personaggio: la voce, le canzoni, gli spartiti, i gesti, il lavoro a maglia, le scene da imparare; tutto va bene e va avanti, si procede, ma allo stesso tempo si sente sopraffatta. Nel frattempo, anche il regista sta portando avanti il lavoro attraverso gli incontri, gli archivi, la musica; anche lui è travolto, come la sua protagonista. Ma anche da lei.
SCHEDA FILM

Regia: Mathieu Amalric

Attori: Jeanne Balibar - Barbara/Brigitte, Mathieu Amalric - Yves Zand, Vincent Peirani - Roland Romanelli, Fanny Imber - Marie Chaix, Aurore Clément - Esther, Grégoire Colin - Charley Marouani

Sceneggiatura: Philippe Di Folco, Mathieu Amalric

Fotografia: Christophe Beaucarne

Montaggio: François Gédigier

Scenografia: Laurent Baude

Costumi: Pascaline Chavanne

Durata: 97

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: WAITING FOR CINÉMA, ALICÉLEO, IN COPRODUZIONE CON GAUMONT, FRANCE 2 CINÉMA

NOTE
- FILM D'APERTURA AL 70. FESTIVAL DI CANNES (2017) NELLA SEZIONE 'UN CERTAIN REGARD', HA RICEVUTO IL PRIX DE LA POÉSIE DU CINÉMA.
CRITICA
"Mathieu Amalric si conferma ancora una volta uno dei registi più vertiginosamente liberi del cinema contemporaneo. (...) Amalric crea uno spazio filmico assoluto nel quale il reale e il cosiddetto profilmico s'intrecciano e si contaminano attratti dalla vertigine del vuoto. L'archivio, la memoria alternativa della storia, dialoga con la possibilità della ricostruzione e la fallibilità e fragilità della memoria. (...) Come già nei precedenti lavori dell'attore-regista, l'ombra di John Cassavetes s'insinua (in)indiscreta nelle strategie attraverso le quali il film corteggia l'immagine della Balibar: una devozione che gronda stupore e ammirazione e si traduce nell'autonomia con la quale Amalric costruisce i suoi frammenti di racconti possibili. Come se il film non fosse altro che filamenti di una lotta vana strappati alla notte e al sogno." (Giona A. Nazzaro, 'Il Manifesto', 19 maggio 2017)