Alcarràs

- Regia:
- Attori: - Qumet, - Dolors, - Mariona, - Roger, - Iris, - Rogelio, - Nati, - Cisco, - Glòria
- Sceneggiatura: Carla Simón, Arnau Vilarò
- Fotografia: Daniela Cajías
- Musiche: Andrea Koch
- Montaggio: Ana Pfaff
- Scenografia: Mónica Bernuy
- Arredamento: Marta Bazaco
- Costumi: Anna Aguilà
- Effetti: Eric Nieto
- Suono: Thomas Giorgi, Eva Valiño
- Durata: 120'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Produzione: MARIA ZAMORA, STEFAN SCHMITZ, TONO FOLGUERA, SERGI MORENO, ELASTICA FILMS, AVALON PRODUCTORA CINEMATOGRAFICA, VILAÜT FILM, GIOVANNI POMPILI PER KINO PRODUZIONI
- Distribuzione: I WONDER PICTURES IN COLLABORAZIONE CON UNIPOL BIOGRAFILM COLLECTION (2022)
- Data uscita 26 Maggio 2022
TRAILER
RECENSIONE
Orso d’Oro alla settantaduesima Berlinale, Alcarràs conferma quanto di buono Estate 1993 (2017), l’acclamato esordio della catalana Carla Simón aveva già rivelato: uno sguardo registico sensibile e preciso, una scrittura narrativa fluida e diretta, anche allorché si appoggia sul non detto, e un’eccellente direzione attoriale capace di orchestrare con assoluta armonia i contributi di non professionisti di tutte le età.
Il teatro dell’azione, che dà titolo al film co-prodotto dall’Italia con Giovanni Pompili per Kino Produzioni, è Alcarràs, una località rurale della Catalogna, dove la famiglia dei protagonisti è da generazioni dedita alla coltivazione delle pesche. Mentre nei frutteti, sotto il sole bruciante dell’estate, si consumano i rituali del raccolto, all’orizzonte si profilano segnali preoccupanti per il futuro. Da un lato, l’anziano patriarca non riesce a produrre documenti scritti che comprovino accordi verbali in essere da decenni tra la sua famiglia e quella dei proprietari terrieri che hanno loro affittato i terreni che coltivano. Dall’altro, Qumet, figlio del patriarca e attuale guida della famiglia, non si rassegna all’idea che la coltivazione delle pesche a cui ha dedicato la vita sia rimpiazzata da complessi di pannelli solari, come vorrebbe l’erede della famiglia dei proprietari. In questo contesto di latente e inesplosa tensione, la generazione più giovane della famiglia vive una stagione di maturazione: il maggior Roger aiuta il padre nel lavoro, cercando la sua approvazione e incontrando invece continui rimproveri, la quasi adolescente Mariona osserva e ascolta quanto la circonda con apparente impassibilità, mentre si prepara ad uno spettacolo di ballo per la festa di paese, mentre la piccola Iris vede i propri giochi infantili con i cugini gemelli Pau e Pere bruscamente interrotti dalle crescenti ostilità tra i familiari adulti.
Carla Simón sceglie di non privilegiare un singolo punto di vista sulla vicenda. Affida invece equamente le redini del racconto ai suoi personaggi, con una predilezione per ragazzi e bambini. Ne discende un andamento trattenuto, che evita svarioni drammatici, mantenendo una cristallina trasparenza della progressione drammaturgica. Per alcuni, questa delicatezza potrà sembrare mancanza di polso. Ma il naturalismo e la semplicità con cui Carla Simón rende partecipi di una realtà a cui è prossima (lei e la sua famiglia sono originari di quelle terre) porta lo spettatore ad amalgamarsi progressivamente con gli spazi e il lavoro che illustra. E quietamente, porta a condividere appieno il silenzio e gli sguardi che soggiaciono al dramma trattenuto che si consuma nel finale.
NOTE
- ORSO D'ORO COME MIGLIOR FILM AL 72. FESTIVAL DI BERLINO (2022).
CRITICA
"Ha tatto ed estati, Simón, ma non se - e ce - la racconta: i Sole riecheggiano la sua vera famiglia, l' eponimo Alcarras è il suo vero villaggio, non si elude la natura delle relazioni umane, il conflitto, né la gravità della posta in gioco, la sopravvivenza di coltivatori di pesche davanti all'avido progresso. Potremmo parlare di magia del cinema, di certo lodiamo una macchina da presa impugnata come una stilografica, un dispositivo che ha l' immediatezza della Polaroid, le ottiche en plein air e impressioniste. Fragilità, infanzia, precarietà, ogni cosa è illuminata, ogni persona dignitosa, si scrive realtà, si chiama verità: gli attori sono non professionisti locali, contadini per davvero, e la lingua il dialetto che parlano ogni giorno. (...) La bravissima Simon marca a uomo, ma gioca a zona: il suo è cinema umano e umanista, l'eredità ampia, da Renoir a Rohmer per Bertolucci e Olmi, la camera sempre pudica e mai morbosa, la misura generosa, la distanza giusta. I cari vecchi tempi non sono ancora andati, ma stanno andando: è un'istantanea scattata sul precipizio, senza sovraesposizione, con arrendevole meraviglia e, sì, il groppo in gola. La fiaba può aspettare, il Paradiso attendere: il genius loci della regista e sceneggiatrice classe 1986 è estensione universale, declinazione antropologica. C'è lo zampino italiano, Giovanni Pompili di Kino Produzioni (...)." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 14 maggio 2022)
"Vittorioso a Berlino, il film di Carla Simòn è una elegia del lavoro campestre, nel sudato dolore di una famiglia che perde il frutteto dove il padrone sistemerà pannelli fotovoltaici. Vincono le semplicità degli sguardi e gli incroci degli affetti con un cast di attori non professionisti che davvero sono, dai bambini ai nonni, un miracolo di verità." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 27 maggio 2022)