Akher ayam el madina

EMIRATI ARABI 2016
Il centro della città del Cairo è un organismo che sembra ancora in vita nell'inverno 2009/10, ma che sta diventando sempre più estraneo anche per coloro che lì sono nati. Il regista Khalid, alla ricerca di un appartamento, guarda e riguarda le immagini del suo film. Le storie dei suoi protagonisti sembrano nascere da qualche parte dentro di lui, ma Khalid vorrebbe realizzare un film che catturi l'anima della città del Cairo. Con l'aiuto dei suoi amici, che gli mandano filmati dalla loro vita a Beirut, Baghdad e Berlino, Khalid trova la forza per andare avanti, affrontare le difficoltà e assaporare la bellezza di vivere gli ultimi giorni della sua città.
SCHEDA FILM

Regia: Tamer El Said

Attori: Khalid Abdalla - Khalid, Laila Samy - Laila, Hanan Youssef - Hanan, Maryam Saleh - Maryam, Hayder Helo - Hassan, Basim Hajar - Tarek, Bassem Fayad - Bassem, Ali Sobhi - Ali, Islam Kamal - Cutter, Mohamed Gaber - Gaber

Sceneggiatura: Tamer El Said, Rasha Salti

Fotografia: Bassem Fayad

Musiche: Victor Moïse, Amélie Legrand

Montaggio: Vartan Avakian, Mohamed Abdel Gawad, Barbara Bossuet

Scenografia: Salah Marei

Costumi: Zeina Kiwan

Altri titoli:

In the Last Days of the City

Durata: 118

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: DCP (1:1.85)

Produzione: TAMER EL SAID, KHALID ABDALLAH, HANA AL BAYATY PER ZEROPRODUCTIONS, MARCIN MALASZCZAK, MICHEL BALAGUÉ PER MENGAMUK FILMS, CAT VILLIERS

NOTE
- PREMIO CALIGARI AL 66. FESTIVAL DI BERLINO (2016, SEZIONE 'FORUM').
CRITICA
"E' un esordio sorprendente quello di Tamer El Said con 'In the Last Days of the City'. Nouvelle vague e ispirazione del migliore cinema egiziano - la lezione di Chahine - nel cogliere i deragli della realtà, volti, strade, miseria, rivolta. Siamo nell'Egitto di Mubarak, che sta per cadere, ma potremmo essere oggi in quello dei suoi generali che massacrano studenti e voci critiche. (...) restare o partire, nella rivendicazione di un'appartenenza c'è molto di quella poetica che attraversa il cinema egiziano e non solo. E dalla dimensione personale passa inevitabilmente a quella collettiva, al presente di un conflitto che si estende ogni giorno di più e che non sembra lasciare spazi possibili. La Primavera si è disciolta in un nuovo regime, tollerato perché si oppone al terrorismo. Ma si può combattere per la democrazia usando le dittature? Non so se il film si chiede questo ma certo il regista entra nelle disillusioni di un passato recente che visto a distanza appare ancora più profetico. La realtà è dura, violenta, punteggiata da discrepanze e da conflitto. E la scelta di mescolare diversi piani narrativi, di confondere «finzione» e «realtà», una linea solo apparente, dà al film una tensione e l'energia formale della sorpresa, una poetica politica senza proclami, con sussurrata lucidità." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 16 febbraio 2016)