Giulio Petroni

ROMA (Italia), 21 settembre, 1917

ROMA (Italia), 31 gennaio, 2010

Regista e scrittore. Nasce in una famiglia romana di tradizione anarcoide: il suo bisnonno, infatti, anticlericale convinto, fu l'ultimo prigioniero politico dello Stato Pontificio, condannato prima a morte e poi all'ergastolo da Papa Pio IX. Dopo aver conseguito la laurea in Lettere, esordisce nel mondo del cinema realizzando un documentario per la Settimana INCOM, "Goethe a Roma". Nello stesso periodo collabora con alcune riviste letterarie come "Quadrivio" e "Il Tevere". Iscritto al Partito Comunista Italiano, durante la guerra è tra i partigiani, guadagnandosi così una medaglia d'argento della Resistenza. Nel 1948 lascia il Paese per dirigere il Dipartimento Cinematografico di Ceylon. Tornato in Italia nel 1950, si dedica alla regia di numerosi documentari come "L'arte della Resistenza" e contemporaneamente è sul set di "Un marito di Anna Zaccheo" di Giuseppe De Santis e di "Finalmente libero" di Mario Amendola nelle vesti di aiuto regista. Nel 1959 esordisce nel lungometraggio con "La cento chilometri", una commedia uscita dalla penna di Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile. Dopo aver diretto altre commedie leggere come "I piaceri dello scapolo", interpretata da Mario Carotenuto, e "Una domenica d'estate" con Ugo Tognazzi, nel 1963 accantona il cinema per iniziare a lavorare in Rai. Nel 1967 torna dietro la macchina da presa per dirigere un western, "Da uomo a uomo", che si rivela un grande successo al botteghino. L'anno successivo gira "...e per tetto un cielo di stelle" con un giovanissimo Giuliano Gemma e nel 1969, sul set di "Tepepa", scritto a quattro mani da Franco Solinas e Ivan Della Mea, incontra Orson Welles che ha accettato di interpretare il ruolo del colonnello Cascorro al fianco di Tomas Milian. Nel 1975 scrive, dirige e monta "Labbra di lurido blu", autentico film cult sul disfacimento della borghesia italiana, stroncato dalla critica dell'epoca, e nel 1978 è la volta di "L'osceno desiderio", di cui in seguito rifiuta la paternità. Deluso dal mondo del cinema, si rifugia nella letteratura e, autore simbolo per il regista americano Quentin Tarantino, ottiene la sua rivincita quando nel 2007 la retrospettiva sul western all'italiana organizzata dalla Mostra del Cinema di Venezia acclama il suo "Tepepa" come un capolavoro. Muore all'età di 92 anni dopo una lunga degenza in ospedale.