Il cacciatore si muove in silenzio sulle montagne del Wyoming. Ha una tuta bianca per mimetizzarsi con la neve e un fucile da cecchino per seminare morte. È giudice e carnefice, in un luogo dimenticato anche da Dio: la riserva indiana di Wind River. Lo Stato non si spinge in mezzo a quella natura selvaggia, e la provincia americana si trasforma ancora una volta in un sogno perduto, dove gli uomini scoprono la loro bestialità e i ragazzi non hanno futuro. Alcuni scelgono il crimine perché sentono di non poter far altro, e se finiscono in prigione tanto meglio: almeno possono godere di tre pasti al giorno e della Tv via cavo gratis.

Si respirano le atmosfere dei libri di Cormac McCarthy in Wind River, lo stesso senso di perdizione e solitudine. È come se Non è un paese per vecchi abbandonasse la sabbia del deserto per trasferirsi su un’altura innevata, in un western crepuscolare che con la sua violenza ricorda i film di Peckinpah.

 

Cory (Jeremy Renner) è un uomo che combatte contro i demoni del passato. Non si è mai ripreso dalla scomparsa della figlia, e passa le sue giornate a Wind River, dando la caccia agli animali feroci. La monotonia della sua esistenza viene scossa dal ritrovamento di un cadavere congelato. Si tratta di Natalie, una giovane di grande forza d’animo che Cory ha visto crescere. Per seguire il caso, l’FBI invia una donna impreparata, poco più che adolescente, senza darle nessun supporto. La vittima era mezza indiana, e alla polizia non interessa trovare il colpevole. L’unica soluzione è creare una task force con la gente del luogo, per dare un nome a un assassino che si nasconde tra i ghiacci.

Taylor Sheridan, questa volta da regista, conclude la sua trilogia sugli ultimi, sui dimenticati, che abitano lungo la frontiera americana. Aveva scritto la sceneggiatura di Sicario di Denis Villeneuve, una sanguinosa vicenda di droga al confine con il Messico, e di Hell Or High Water di David Mackenzie, la storia di una famiglia distrutta dalle banche e dalle tasse. Nei suoi film, l’America abbandona i figli più lontani, li porta alla disperazione, alla follia, e non hanno altra scelta che diventare criminali.

 

Wind River è un urlo di disperazione, di solitudine, è un tributo a un cinema classico che non si fa più. Cory rappresenta l’antieroe, il vendicatore della notte che protegge i più deboli. La polizia locale ha sei agenti per coprire un’area vasta come il Rhode Island, dove le belve sono più degli esseri umani.

Nessuno ti difende, solo la canna della tua pistola. La ragazza dell’FBI è fragile, ricorda quasi Kate, la protagonista di Sicario, piena di belle speranze distrutte dalla dura realtà, dalla continua presenza della morte vicino a lei. Sheridan invita il pubblico a riflettere sulla sofferenza per la perdita di una persona cara. Non bisogna rifiutare il dolore, ma abbracciarlo, e aggrapparsi ai ricordi più belli. La poesia si fonde con i paesaggi mozzafiato, con la colonna sonora di Nick Cave e Warren Ellis, nella desolazione di un’America che ha dimenticato se stessa.