In concorso nella sezione "Panorama" del festival di Berlino, Va, vis et deviens, porta sullo schermo la storia del piccolo e grande Schlomo, un "goy" (un non ebreo), che, verso la metà degli anni '80, è costretto a fuggire dall'Etiopia, fingendosi ebreo, e lasciare per sempre la madre, pur di cercare la salvezza. In quegli anni Israele e gli Stati Uniti aiutano migliaia di ebrei etiopi a trovare rifugio con l'operazione conosciuta come "Mosè". Parte proprio da qui il film di Radu Mihailanu (Train de vie), per raccontarci di questo viaggio e della crescita del piccolo Schlomo. In essa si trovano tutte le contraddizioni di una società ancora divisa per classi, origini geografiche o religione. Etichette, come le definisce lo stesso regista, stereotipi: arabi, ebrei, algerini, rumeni, francesi o tedeschi. Freni all'interazione culturale, alla fratellanza dei popoli. Il regista intravede nel protagonista quella scossa in grado di far cambiare lo stato delle cose. Arrivato in Israele, Schlomo è costretto a convivere con delle regole che non gli appartengono, a mentire. Fino a quando non viene adottato da una famiglia. Dapprima spaesato, giudicato male dal resto della società, Schlomo cresce, impara ad essere un bravo ebreo, a capire le regole di quella comunità. Con enormi difficoltà. Il suo pensiero però è rivolto a sua madre, al la sua terra. Decide così di diventare medico e aiutare gli altri nelle zone di guerra, fino al suo ritorno a casa. Il suo è un percorso emotivamente forte, fatto di piccoli passi, di una lotta ostinata. La macchina da presa ne coglie tutti gli aspetti: i cambiamenti fisici, storici, sociologici, politici. Il conflitto israeliano/palestinese, l'accordo tra Arafat e Rabbin, la sua morte, i conflitti che ne seguono. La storia assume i connotati di un'enorme contraddizione e di progressivi scontri che vedono da un lato Schlomo e dall'altro la famiglia adottiva, la società ebrea, l'enorme peso di questa bugia, del non essere ebreo pur avendone capito l'essenza. Anche l'amore tarda a trasformarsi in unione. Delicato, commovente, a tratti esplosivo, il film cerca di unire le due parole di vita e trasformazione.