Con The Tulse Luper Suitcases - From Sark to Finish, Peter Greenaway sembra riconquistare il tocco magico di un passato non proprio recente. Il terzo capitolo del suo film in digitale sulla cosiddetta "età dell'uranio" (elemento il cui numero atomico è 92 come il numero delle valigie citate nel titolo), brilla per ironia e umorismo. Nonostante il fatto che per la gran parte attraversi gli anni bui del Nazismo, dell'Olocausto e della Guerra Fredda, From Sark to Finish è più accessibile rispetto gli episodi precedenti. Pur, infatti, continuando il suo lavoro di scomposizione delle immagini mescolate a testo, parole e recitazione, Greenaway accentua l'elemento umano dell'antinarrazione da lui scelta quando il protagonista Tulse Luper viene in contatto con personaggi come Primo Levi o Raoul Wallenberg che salvò centinaia di ebrei ungheresi. L'onirico caleidoscopio di immagini plasmato dal regista, pittore, architetto e matematico Greenaway è una sorta di celebrazione post moderna del romanzo picaresco e dei Viaggi di Tristram Shandy descritti nel diciottesimo secolo da Lawrence Sterne. Un film che sfrutta la tecnologia digitale per fare scivolare il pubblico in un gioco multimediale di rimandi, seguendo l'apertura di una valigia dopo l'altra per conoscere il percorso di saggezza intrapreso da Tulse Luper nonostante le centinaia di ostacoli trovati sul suo cammino accidentato.

L'apertura della novantaduesima valigia rappresenta non solo la fine ideale della trilogia che continuerà ad arricchirsi di puntate in Dvd e sul suo sito Internet. Non solo: è, piuttosto, il colpo da maestro che Greenaway mette a segno prendendo alla sprovvista lo spettatore. Dopo avere scoperto che nel gioco di rimandi autobiografici Tulse Luper sarebbe l'anima del lavoro di Greenaway stesso, veniamo a conoscenza del fatto che la novantaduesima valigia contiene una pizza di pellicola a sedici millimetri che rivela allo spettatore uno straordinario ed inatteso segreto. Una piccola astuzia di Greenaway che fa di The Tulse Luper Suitcases - From Sark to Finish un vero e proprio gioiello di humour, nonostante il fatto che il regista britannico in molti suoi momenti non rinunci ad essere eccessivamente criptico e ridondante. Un film sperimentale che colpisce e in parte commuove lo spettatore seducendolo per ricchezza emotiva e lunimiranza artistica soprattutto nella sezione ambientata nell'Unione Sovietica. Alla fine dei conti Greenaway ha realizzato una "summa" visiva dalle connotazioni emotive e spirituali del ventesimo secolo. Quello dell'Uranio, ma anche del cinema come fonte straordinaria di immagini e di sogni grazie al talento unico di registi come Peter Greenaway. Da non dimenticare inoltre la partecipazione degli attori italiani Roberto Citran, Anna Galiena e Ornella Muti che recitano tutti in un inglese pressoché impeccabile.