Se Gianni Amelio ha voluto raccontare, in modo abile e struggente, la fatica di vivere e di condividere, tre registi di alta scuola si sono riuniti per affrontare altrettante storie sulla fatica di amare. Attesissima e dalla complessa gestazione, l'antologia cinematografica che ne è derivata si chiama Eros e gli episodi con i rispettivi autori sono: La mano di Wong Kar-wai, Equilibrium di Steven Soderbergh e Il filo pericoloso delle cose di Michelangelo Antonioni. Si vorrebbe evitare di fare paragoni, ma quando si progetta un cinema di questa fattura, diventano purtroppo inevitabili. Certamente, ciascun autore apporta il suo stile e la sua sensibilità, ed è chiaro che tra Cina, America ed Italia l'eros, inteso come passione, cambia volti e modi di esprimersi e di essere interpretato. La mano del titolo è quella, poco pudica in un film pudicissimo, della altera signora Hua (una stupefacente, bellissima Gong Li), che intrattiene fugaci rapporti con ricchi clienti nella ex-colonia britannica di Hong Kong, anno 1963. E' una meditazione sul toccarsi e respingersi, sulla rassegnazione e la disillusione, sull'amore come merce e come valore, che investe la vita di un avvenente sarto (l'attore Chang Chen, già visto in La tigre e il dragone) capace di sacrifici per un sentimento non condiviso e senza futuro. 39 minuti e 20 secondi di raffinata emozione, di grande cinema. I 24 minuti dell'americano Soderbergh ci fanno retrocedere, invece, al 1955 ed in una New York assai più loquace. Nick Penrose (Robert Downey, jr.) ha perso il suo equilibrio: non riesce a trovare la pubblicità giusta per una sveglia (ansia professionale) e il sogno di una donna in blu lo tormenta (ansia erotica). La seduta con uno psicanalista (Alan Arkin) lo aiuta davvero? E se sogno e realtà, emozione e ragione cominciassero a non avere più confini, nella vita di Penrose? Intrigante scrittura (dello stesso regista) e piccolo colpo di scena. Esplicito, invece, troppo esplicito nell'esibizione della nudità femminile - sembrerebbe anche non funzionale - l'episodio di Antonioni, scritto in modo, chissà perché, trasandato dal grande Tonino Guerra. Storia minima: la fine dell'estate su di una costa della Toscana per una coppia in crisi e la presenza dell'altra donna, con una strana congiunzione finale. Il Maestro ci ha fatto vivere ben altre emozioni.