Gore Verbinski demolisce il sogno americano con una parabola opprimente sulla fatuità del successo. Complice la straordinaria coppia Nicolas Cage e Michael Caine, il regista della Maledizione della Prima Luna cambia tutto e scommette su una dolorosissima odissea personale. Protagonista è il "Weather Man" del titolo: un mesto conduttore delle previsioni del tempo, ingrigito dalla modestia del lavoro e dalla perdita degli affetti. La moglie se n'è andata da un pezzo e con lei anche i figli. Il padre premio Pulitzer è un modello schiacciante e irraggiungibile. Il pubblico gli manifesta il suo gradimento, lanciandogli periodicamente addosso frullati e scarti di fast-food. Tutto va al contrario di come dovrebbe. Umiliato dal fatto di essere "soltanto" l'uomo delle previsioni, lui si astrae, frustra, ripiega in se stesso. Del suo senso d'inadeguatezza parla la crescente goffaggine di Nicolas Cage: in questo bravissimo, l'attore calza a pennello il ruolo dell'outsider e riesce sempre a fare la cosa sbagliata. Antieroe della porta accanto, trasmette un disagio palpabile, esaltato anche dalla fotografia di Phedon Papamichael: una patina livida ammanta ogni cosa, esasperando fin quasi al fastidio il senso di solitudine e disadattamento del protagonista. Non privo di imperfezioni, sul piano sia tecnico che narrativo, The Weather Man rimane comunque una scommessa coraggiosa e vinta, che dà il meglio di sé nel rapporto padre-figlio. Bravissimi entrambi, Cage e Caine tengono da soli in piedi il film, incarnando gli opposti poli entro cui si consuma l'espiazione del protagonista. Il primo, incapace di trovare una via d'uscita, cede in principio al fascino delle promesse televisive. Mentre insegue il successo come panacea di ogni male, una vera malattia colpisce però il padre, lasciandogli pochi mesi di vita. Aria grave, poche parole e molti sguardi eloquenti, Caine è con il suo dramma lo specchio e il contraltare alla fatuità del riscatto, ricercato dal figlio nella popolarità. Il destino del padre lo mette all'angolo, riporta alla realtà e richiama al confronto con i veri valori per cui combattere. Una battaglia dura e sofferta, che senza cedere a moralismo e melensaggine di tanto cinema hollywoodiano, traghetta il protagonista verso una nuova consapevolezza. Priva di eccessi e trionfalismi, ma per questo rivoluzionaria. Perché tanto ricorda la normalità.