La presenza simultanea e in doppia talare nera di Michael Pena e Djimon Hounsou farebbe diventare una barzelletta qualsiasi film, figuriamoci un horror a sfondo teologico. Sfortunatamente però The Vatican Tapes non ha nemmeno quel lato involontariamente parodistico che lo avrebbe elevato almeno al rango di scult. Quest'ennesima operazione derivativa para-Esorcista e post-Paranormal (un found footage ibridato però da una messa in scena posticcia e videoclippara, firmata da Mark Neveldine) è solo sciapa e mortalmente noiosa.

Gli sceneggiatori Christopher Borrelli e Michael C. Martin si appropriano manifestamente del capitolo 13 dell'Apocalisse di Giovanni, relativo alla venuta dell'Anticristo (lo scimmiottatore del Figlio di Dio), lo incrociano nascostamente con la personificazione che ne dà Nostradamus in una delle sue profezie ("Il terzo anticristo potrà essere donna, dovrebbe nascere a fine aprile di qualsiasi anno, avere gli occhi di un castano scuro tendente al verde e la carnagione caucasica") e lo riscrivono per Hollywood. Il risultato è che "la bestia" si manifesta in una prosperosa ragazza americana (Olivia Taylor Dudley) che, da un giorno all'altro, inizia a fare cose stupide e pericolose, tipo parlare in lingua aramaica e accompagnarsi a un corvo, mentre in Vaticano una squadra speciale di esorcisti - capitanata da un cardinale con accento nordico (Peter Andersson) e da quel marcantonio di Djimon Hounsou - viene allertata da un modesto prete di frontiera (M. Pena). Completano l'indimenticabile galleria di personaggi, il padre irlandese e ultraconservatore di lei (Dougray Scott) e il fidanzato mammalucco (John Patrick Amedori).

Succede poco o nulla fino al momento clou - l'esorcismo - e quando finalmente arriva il film finisce.

The Vatican Tapes non è malvagio come sarebbe lecito pensare, è semplicemente inutile. Fa molto più effetto Vatileaks vol. 1 e vol. 2. In quel caso almeno la banalità del diavolo è terribilmente reale.