Occupare, resistere, produrre: all'accusa di una sterile critica distruttiva, Naomi Klein risponde con la concreta esperienza degli operai argentini. Sono loro i protagonisti del documentario The Take: lavoratori che con l'esproprio e l'autogestione delle fabbriche in rovina, stanno provando a risollevare il paese. Un fenomeno di portata nazionale, diventato movimento grazie al sostegno dell'intera comunità. Piccola borghesia e impiegati traditi dal falso miracolo di Menem sono scesi in piazza con loro e a loro hanno dato la forza di osare. Apripista di questo fenomeno è la società Bruckman: fiore all'occhiello dell'industria delle ceramiche, foraggiata a suon di milioni negli anni '90. Mentre i pesos finivano nelle casse padronali, il debito cresceva fino a imporre la chiusura. Da qui, l'idea degli operai di non lasciare marcire i macchinari, ma di avviare una "gestione collettiva" dello stabilimento. Gli stipendi sono tutti uguali, le decisioni vengono prese dall'assemblea e la competitività, a sentire gli acquirenti, è cresciuta sensibilmente. Prova ne sia il rinnovato interesse dei vecchi proprietari che, abbandonate le fabbriche in rovina, tornano ora alla carica per rivendicarne utili e proprietà. All'esperienza pilota della Bruckman ne seguono tante altre, oggi riunite nella Federazione Imprese Occupate. E' il paese della cuccagna? Naomi Klein dice di no. La considera anzi un'alternativa esportabile. La risposta, la chiama, al collasso del sistema capitalistico a cui stiamo andando incontro su scala globale. Schierato? Sicuramente. Ma per lo meno propositivo.