Margarethe Von Trotta è un’affezionata del Bif&st tanto da venire quasi ogni anno a trovare il pubblico di Bari. Quest’anno lo ha fatto non solo per tenere una masterclass con i ragazzi baresi e ritirare il premio del 90° anniversario della Fipresci, ma anche per presentare il suo nuovo film The Misplaced World, tratto da una vicenda autobiografica risalente a 30 anni fa.

Nel film, la protagonista è una cantante dilettante che scopre con il padre casualmente, che una cantante d’opera di una certa fama è la sosia di sua madre. Il dubbio si insinua: e se la donna avesse avuto una vita segreta che l’ha portata a fare un’altra figlia? Così cominciano le indagini, anche dentro i propri sentimenti. Scritto dalla stessa Von Trotta, The Misplaced World (titolo forzatissimo, derivato da un aria di Mahler) è un dramma familiare che cerca di raccontare con stile più profondo una storia da romanzo per signore o più trivialmente da serata con Maria De Filippi.

Ovviamente l’interesse della regista è nello scavo psicologico dei tre personaggi principale, non solo le due sorelle così lontane e così vicine, diverse per indole e stile di vita e che pure nascondono nel profondo lo stesso cuore, ma anche, forse soprattutto il padre, uomo anziano che cade poco a poco nell’ossessione e che deve minuto dopo minuto riconsiderare da capo una vita che pensava compiuta. E in questa indagine di personaggi, il film regge e intriga, grazie a uno stile piano ma non banale, comunicativo, sorretto anche da bei dialoghi e bravi attori.

E’ quando il copione si sposta sul coté da feuilleton, con agnizioni, investigazioni e colpi di scena un po’ grossolani che il film si sfalda nella tensione e nella messinscena, come se Von Trotta non fosse riuscita a elaborare stilisticamente le vicende personali, a condensare il proprio vissuto in una forma cinematografica compiuta. Resta una notevole prova delle due attrici feticcio della regista, Katja Rieman e Barbara Sukowa, ma non sufficienti a ridare forza a un film che la perde scena dopo scena.