In linea di principio, l'inizio spiega la fine: voglio essere sgradevole, non voglio piacervi. Morirò sfigurato dalla sifilide. In quei trentatré anni di esistenza libertina, non un attimo di redenzione, ma molti istanti di eccessi, promiscuità e provocazioni. Nell'Inghilterra del Seicento, dopo che una rivoluzione puritana ha innescato una dittatura dei costumi, John Wilmot, secondo Conte di Rochester, diventa l'emblema della restaurazione politica collegata alla trasgressione libertaria che la nuova corte di Carlo II esporta nei bassifondi sporchi della city londinese. Opera prima di Laurence Dunmore, The Libertine è assai debitore all'omonima commedia scritta nel 1994 da Stephen Jeffreys, qui nelle vesti, non troppo felici, dello sceneggiatore di se stesso. Sedotto dall'esasperato edonismo del protagonista, che diventa un modello di riferimento anche per i libertini d'oltremanica, Dunmore ha un passato di creativo pubblicitario ed il film, che rispetto a molta pubblicità ha di trasgressivo solo il linguaggio, della pubblicità assume le tonalità, i colori artefatti e saturi, la dinamica delle immagini. Funzionale al suo modo di essere attore, Johnny Depp si adatta molto bene al ruolo del libertino oltraggioso e straziato. Più interessanti le presenze di John Malkovich nel ruolo dello Stuart e Samantha Morton in quello della sedotta: entrambi, a diverso titolo, travolti dall'espansività immorale dell'amico e dell'amante.