Neanche il tempo di acclimatarsi a Londra, che Lord Greystoke, alias Tarzan, deve far ritorno in Africa, seguito dalla bella moglie Jane, come emissario di commercio del Parlamento. Non immagina di essere solo una pedina di un complotto internazionale.

Il coraggio di riscrivere una storia arcinota immaginandola come un sequel dalla sensibilità moderna - al mito del buon selvaggio subentra la condanna senza appello nei confronti del colonialismo occidentale - non sacrifica il gusto per l'avventura e per l'esotico, declinati secondo il classico canone hollywoodiano, allergico alla complessità ma onesto, curato - David Yates non sarà un visionario ma cerca l'estetica nella visione, “la bella immagine” - confezionato per soddisfare le famiglie, in una parola: disneyano (che, per gli straordinari risultati ottenuti nel 2016 dalla Disney, è anche un auspicio).

I due protagonisti, Alexander Skarsgård e Margot Robbie (Tarzan e Jane), non faranno scintille ma funzionano, mentre Christoph Waltz inizia a stancare nel ruolo del cattivo e Samuel L. Jackson appare un po’ sacrificato come sparring partner. Fosse stato quest'ultimo il villain (nero poi...) il film ne avrebbe guadagnato. O forse sarebbe stato solo un altro film.