Un doveroso tributo alle coraggiose donne del vecchio e selvaggio west. E' The Homesman, seconda prova in regia di Tommy Lee Jones (anche attore) e seconda volta in gara sulla Croisette, dopo il folgorante esordio del 2005 con Le tre sepolture: allora portò a casa Palma alla migliore interpretazione maschile (Jones medesimo) e alla sceneggiatura, vedremo se anche stavolta la giuria sarà generosa nei suoi confronti.
Jones interpreta George Briggs, un uomo che viene salvato dall'impiccagione da una pioniera volitiva e timorata di Dio, Mary Bee Cuddy (eccellente la prova di Hilary Swank). La donna vuole “soltanto” una cosa in cambio: che l'uomo la aiuti a trasportare tre malate di mente dal Nebraska all'Iowa, dove una chiesa metodista potrà prendersi cura di loro dopo che i mariti le hanno ripudiate. Questa eccentrica psico-carovana trainata da due muli dorvà attraversare il confine attenta a non farsi derubare o ammazzare da predoni, animali e indiani.
Il viaggio come traiettoria esistenziale e percorso di conoscenza si snoda attraverso i magnifici campi lunghi di una terra vuota, ammaliante e sinistra, fotografata da Rodrigo Prieto. Il west ritrova l'antico scenario, lo spazio mitico che digrada verso limiti inimmaginabili, e le ombre, la polvere, la terra rossa rifanno la scarna segnaletica che impedisce alle solitudini di fondersi e perdersi nel paesaggio.
Ma se la cornice è classica, il sentimento rifugge la nostalgia (nonostante la colonna sonora di Beltrami indugi sulle noti dolenti), con Lee Jones che dosa dramma e ironia, shock visivi e momenti di distensione.
Funziona il passo a due tra lui e la Swank, figure agli antipodi – l'uno è un egoista perdigiorno, con la disponibilità a fottere il prossimo; l'altra una donna dura come la roccia, integerrima e autoritaria, capace però di momenti di grande sensibilità ed empatia – eppure simili, due esuli che si ritroveranno in alienazione e in frattura con una civilizzazione appaltata al Capitale. America.
E' chiaro però che l'intera operazione viene giocata sul recupero del femminile in universo – e in una storia – troppo spesso declinata al maschile. Non poteva esserci icona migliore della Mary Bee interpretata dalla Swank, nome e cognome che dicono tutto di lei: virginale madre consolatrice e figura salvifica, cittadina modello e membro operoso al servizio della comunità (bee=ape). Una performance vibrante.
Nonostante qualche lungaggine (un vizio condiviso peraltro con molti dei film sbarcati sulla Croisette) e una sostanziale canonicità di racconto, The Homesman conferma la vocazione filologica di Tommy Lee Jones e una sfaccettata sensibilità umana.
In un'annata avara di sorprese e di emozioni come questa, avere almeno dei personaggi interessanti a cui affezionarsi è grasso che cola.