Non basta essere un grande scrittore per diventare automaticamente uno sceneggiatore accettabile. I due lavori, per quanto possano sembrare contigui, sono totalmente differenti. Cormac McCarthy, i cui romanzi sono spesso diventati ottimi film – su tutti, ovviamente, Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen – ha scritto la sceneggiatura di The Counselor come se fosse un libro, ma quello che rende sulla pagina stampata raramente funziona anche sul grande schermo.
Ecco allora che il film di Ridley Scott si dipana come un susseguirsi di dialoghi “filosofici” che però assemblati senza una trama solida non arrivano a essere una storia interessante, né tanto meno propongono personaggi tridimensionali. E' come se gli eventi davvero importanti nel film si svolgessero lontano dalla macchina da presa e dagli attori.
In questa pressoché totale assenza di dramma (inteso come azione) il regista e gli interpreti si perdono, e difficilmente poteva essere altrimenti. L'unica a uscirne bene è una Cameron Diaz che finalmente gioca col tempo che passa e con la sua aggressività nascosta. E' lei l'unica nota felice di un lungometraggio che per il resto risulta piatto e paludoso.