Anno 1917, nel pieno della Guerra Mondiale. Gino Montanari, maestro elementare romagnolo, a causa delle sue idee e dei comportamenti libertini, viene costretto da preside ad arruolarsi volontario, nonostante abbia da tempo superato l'età della leva obbligatoria. Al fronte viene destinato ad un piccolo avamposto in Valtellina come eliografista col compito di trasmettere segnali morse usando la luce del sole. La totale mancanza di esperienza di montagna e della vita militare crea a Gino non poche difficoltà. In più si muove in un contesto dove prevalgono approssimazione e scarsa disciplina. Tra i tanti commilitoni, Gino entra in contatto soprattutto con Aniello, un napoletano giovane e generoso. L'amicizia tra loro resterà il premio maggiore che terranno per il dopo guerra.
La figura di Gino Montanari modellata sulla base di Pietro Cevoli, nonno di Paolo, che fece la guerra proprio con quel compito. “Volevamo –precisa l'attore e regista- raccontare l'Italia dei nostri nonni in modo leggero e non retorico per ricordare, rivolgere un omaggio e strappare anche qualche sorriso”.
Gli intenti sono tutti encomiabili, giusti, positivi. Purtroppo resta l'interrogativo sul motivo profondo che ha spinto alla realizzazione del film. Dopo La grande guerra, le scintille tra dramma e comicità non sono più ripetibili a quei livelli. Dopo il recente titolo di Olmi, la riflessione sul senso esistenziale e spirituale della guerra come rovina dei popoli deve cercare nuove strade.
Cevoli fa grandi sforzi per non essere il se stesso di Zelig. Ma l'argomento lo sovrasta. Rimane un racconto esile e gracile, calato su deboli fondamenta narrative. Che resta neutro e quasi scavalca le prove di alcuni interpreti comunque generosi: Luca Lionello, Massimo De Lorenzo, Ernesto Mahieux, e Paola Lavini, unica protagonista femminile.