Costruito con immagini di repertorio e le stesse parole di Berlusconi in presa diretta o pubblicate su giornali, periodici o libri (quando la sua voce originale non è disponibile, viene doppiato da Neri Marcorè), intervallato da interventi e testimonianze, tra gli altri, di Benigni, Fo, Travaglio, Cornacchione, Montanelli, Biagi, Gregoretti, don Verzè, “non è un film pro o anti Berlusconi”.
E' Silvio Forever diretto da Roberto Faenza e Filippo Macelloni, scritto da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella e prodotto da Lucky Red. Una Autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi, come recita il sottotiolo, l'autoritratto per interposto occhio di chi ha segnato indelebilmente almeno un ottavo dei nostri 150 anni: tremendo ammetterlo, ma tant'è. Non c'è abbastanza mafia, P2, intrallazzi e bunga bunga: è vero, e non si può lasciar correre, perché la cattiveria, auspicabilmente partorita da un montaggio parallelo che con Silvio, si sa, viene bene, rimane nel fuoricampo, dove si giocherà la battaglia ermeneutica tra destra e sinistra, spettatori destrorsi e sinistrorsi, con questo documentario di 80 minuti a far da palla al centro.
Ma chi metterebbe queste parole chiave nelle proprie memorie, visto che si presenta quale Autobiografia? Un masochista, e il Cavaliere non lo è: piuttosto un simpatico sadico, abituato a parlare di pancia (propria) e colpire allo stomaco (dell'Italia tutta). Un piazzista, “il più grande al mondo” per il fu Indro Montanelli, capace pure di farla alla mamma: “Non si vedrà mai una foto di Silvio in giro con le donne o altro”, vaticinava Rosa Bossi (cognome cardine per Silvio...) Berlusconi. Ci lascia due notizie Silvio Forever. Prima la cattiva: Berlusconi è un fuoco fatuo e a marcire siamo noi. Poi la buona: a quando il sequel, Silvio No More?