Guarda obbligatoriamente lontano Pablo Trapero, verso un orizzonte illuminato, verso un futuro roseo e foriero di novità perché "dove c'è stato il fuoco restano le ceneri". Massima in chiusura per la famiglia rodante arrivata al villaggio di Misiones dopo due giorni di viaggio in un affollato camper vecchio modello (dieci persone stipate in tre metri quadrati). L'Argentina incontaminata del Nord, proprio al confine con il Brasile, come sfondo per un on the road dal passo baldanzoso e dall'animo vivo. La famiglia che si mette in movimento è quella di una signora 84enne chiamata a fare da testimone di nozze di una delle sue tante nipoti (la "nonna" non si ricorda nemmeno il suo nome) che abitano nel suo paese d'origine. Occasione d'oro per portare con sé figlie, generi, nipoti, amici dei nipoti e bisnipoti. Tutti sistemati su un catafalco meccanico che si blocca ogni 100 chilometri. Un viaggio metaforico alla riscoperta e all'osservazione del proprio sé, dove il dipanarsi dell'itinerario porta allo svelamento di piccoli segreti e insignificanti, riparabili bugie. Non c'è dramma nella poetica di Trapero ma dolente ironia, moderata comicità, invito al sorriso e allo scrutare questo manipolo scalcagnato di allegri disperati che vogliono, tra un mal di denti improvviso, un pezzo del radiatore che salta, amori consumati in un bagno lillipuziano e sorprendenti apparizioni stradali, arrivare alla supposta meta delle nozze dei loro cari. Con uno script compatto ed essenziale, una direzione d'attori sicura e solida, Familia rodante (presentato alla Settimana della Critica) si affranca dalla logica della boutade da comicità crassa e pecoreccia che un incipit del genere avrebbe potuto fornire ad uno qualsiasi dei nostri sceneggiatori italiani. A conferma del fatto che la filmografia argentina è presente, gode di ottima salute (nonostante il poco denaro che scorre nelle casse statali per questo tipo di "arte") e lotta insieme a tutti noi.