Ci risiamo. Il capo della CIA (Alec Baldwin) chiede e ottiene che l’IMF venga chiuso per reiterati comportamenti “anticonvenzionali” (in ultimo, la distruzione del Cremlino…). Ethan Hunt (Tom Cruise) è – al solito – irreperibile ma, da ricercato, non smette di indagare su quella che, a tutti gli effetti, sembra la missione più impossibile di sempre: sradicare il fantomatico “Sindacato”, organizzazione criminale internazionale formata da ex agenti e spie di tutto il mondo (scomparse o ritenute morte) decisa a creare un nuovo ordine mondiale: uno “stato canaglia” da erigere grazie ad una serie di sanguinosi e mirati attacchi terroristici…

È una saga capace ogni volta di auto-rigenerarsi, quella di Mission: Impossible. Assunto, se si vuole, perfettamente calzante con il suo protagonista: aveva 34 anni Tom Cruise, nel 1996, quando Brian De Palma portò per la prima volta sullo schermo le imprese dell’agente Ethan Hunt. Oggi, a 53 anni compiuti, 19 anni e quattro capitoli dopo, è ancora lì ad aggrapparsi su aerei al decollo, a gettarsi in una turbina nuotando controcorrente e in apnea per quattro minuti, a sfasciare automobili nei vicoli marocchini e a sfrecciare su bolidi a due ruote per infiniti tornanti in contromano. Sforzi sovrumani per un ragazzino, figuriamoci per un uomo “di mezza età”, deciso ancora una volta ad anteporre il bene delle masse alla propria “reputazione”: la missione di Ethan Hunt continua a essere (bella e) impossibile, schizofrenica e planetaria. Dalla Bielorussia a Vienna, da Parigi al Marocco, per arrivare a Londra: Ethan Hunt si lascia cadere nel vuoto da un aereo, poi lo ritroviamo in tutt’altra parte del mondo.

La scommessa, da sempre, è questa: creare ellissi e sospensioni d’incredulità senza soluzione di continuità, farci credere che una squadra addestrata stia per mettere fine alla latitanza di Hunt e scoprire una frazione di secondo più tardi che invece è lui ad osservarli da migliaia di chilometri di distanza.

Per certi versi, Christopher McQuarrie – alla prima regia di un episodio della saga – approfitta della recente esperienza fatta con Tom Cruise in Jack Reacher e conferma notevoli abilità dal punto di vista tecnico: l’inseguimento in Marocco è davvero sensazionale, come molte altre sequenze mozzafiato. Ma la vera novità di questo Rogue Nation è la scelta di affidare ad un nuovo personaggio, quello dell’ex agente britannico Ilsa Faust (Rebecca Ferguson), un ruolo “chiave”, ambiguo per tutto il corso del racconto, al tempo stesso alleato e minaccia per Ethan Hunt. Che, ancora una volta, potrà contare ciecamente sull’apporto dei vari William Brandt (Jeremy Renner ), Benji Dunn (Simon Pegg ) e Luther Stickell (Ving Rhames): team inossidabile, proprio come il successo che di capitolo in capitolo il franchise continua a ottenere (nel primo weekend ha incassato quasi 135 milioni di dollari in tutto il mondo).