Due fratelli in viaggio verso uno dei luoghi simbolo dell’orrore novecentesco e un percorso, lungo e lento, compiuto in treno, per ritrovarsi e “ricominciare a parlare”. Su di un tragitto che da Torino li condurrà sino ad Auschwitz, si muovono il regista Danilo Monte e il fratello Roberto, quest’ultimo con un passato di droga e carcere alle spalle ma anche con una grande passione per la Storia, quella del secondo conflitto mondiale in particolar modo. Sono questi gli elementi per una cronaca, per un diario di viaggio volutamente minimale, scritto con gli attrezzi del cinema documentario e il ricorso alle immagini di repertorio, nello specifico quello della storia intima, familiare, dei due fratelli Monte.

Tutto giocato in soggettiva, il confronto tra Danilo e Roberto è teso, senza sconti e senza remore, mentre dinanzi ai loro occhi si susseguono le stazioni con le loro livide banchine. La quasi totale assenza di filtri registici libera un flusso ininterrotto di vita autentica, vissuta, i ricordi di Roberto Monte, le sue recriminazioni e i suoi sfoghi, che adombrano un atteggiamento di nichilistica chiusura nei confronti dell’esistenza. Eppure, l’incontro con le mura di Auschwitz innesca reazioni impreviste, lasciando trasparire nuove prospettive, inedite aperture tra cui quella, importantissima, della narrazione e dell’immedesimazione nella sofferenza altrui. Un viaggio filmico intenso e vero quello dei fratelli Monte, spesso talmente intimo da provocare imbarazzo nello spettatore, ma che più di una volta riesce a far vibrare le corde giuste della comprensione e della vicinanza.