Non poteva arrivare in un momento più giusto il bel film di Betta Lodoli Ma l’amore c’entra?, ritratto di tre uomini in cammino verso l’affrancamento dalla violenza domestica. Il tema, come si dice, è caldo ma il punto di vista per nulla scontato e in qualche modo spiazzante perché sta tutto nel titolo che pone l’accento sull’amore. In effetti la domanda è centrale e da essa muove l’indagine delle ragioni che portano ad aggredire mogli, compagne, figlie.  Ha senso parlare di sentimento quando, nel momento della brutalità, esso è oggettivamente assente? Lo ha perché di amore negato, mai ricevuto o mal espresso si deve continuare a discutere per capire cosa rende un soggetto violento anche quando crede di voler bene.

Lodoli fa una scelta precisa e punta l’attenzione su uomini che hanno accettato di farsi curare presso il centro LDV-Liberiamoci dalla Violenza dell’Ausl di Modena per porre un freno alla propria aggressività. Storie esemplari che mettono con le spalle al muro perché a coloro che si svelano non è facile affibbiare l’etichetta di mostri per liberarsene velocemente. Sembrano persone normali, sebbene tanto normali non siano. Segnati nevrotici distruttivi, però non malati. E anche questo è un altro punto centrale del discorso della regista. Sono uomini che vivono in famiglie come tante fino al momento in cui l’affettività esplode in modo malsano, pur continuando a sembrare quelli di sempre. Il confine tra una relazione sbagliata e una violenta è assai fragile, e quasi mai si è in grado di identificarlo.

Con sguardo non giudicante, Betta Lodoli mette a nudo la complessità delle relazioni familiari non meno che il cuore dei tre uomini. Lontano dai canoni del documentario come presa diretta della realtà, ricostruisce le vicende servendosi di un dispositivo visivo per cui voci, corpi nell’ombra e volti celati da vetri smerigliati appartengono ad attori, quasi a voler moltiplicare un effetto di distanza che si trasforma tuttavia nel suo contrario. Come attraverso le grate di un confessionale non vediamo bene chi parla eppure le parole, che sono quelle esatte raccolte attraverso lunghe interviste, pesano come macigni. L’universo domestico, rappresentato da pochi oggetti simbolici e da immagini di filmini di famiglia, mostra una quotidianità consueta e al contempo inquietante. La violenza è in agguato, difficile dire se e quando esploderà. L’amore resta il metro per misurare il malessere, e in primo luogo quello verso se stessi.  Unica vera arma a disposizione per non cadere nell’abisso di rapporti squilibrati e violenti. In questo senso Ma l’amore c’entra? è davvero un film necessario, che invita a non chiudere mai gli occhi e a leggere costantemente dentro se stessi.