Capodanno, suona il telefono, Murphy si sveglia con la compagna e il figlio di due anni. La segreteria gli riporta la voce della madre di Electra, che gli chiede assai turbata che fine abbia fatto la sua ex ragazza: non se ne hanno notizie da mesi. Piove, Murphy si ritrova solo nel suo appartamento e, un pezzo d’oppio aiuta, ritorna sulle tappe della sua grande storia d’amore: passione, promesse, errori, incomprensioni, passione, e sesso, sesso, sesso.

Perché lui filmaker in erba americano a Parigi e lei artista proveniente da tutto il mondo, in fondo, concordano: non c’è niente di meglio dell’amore, meglio, del sesso durante l’amore:  raccoglie il lascito, in immagini e suoni, il caro Gaspar Noé, fuori concorso a Cannes68 con Love. Due ore e passa che ci riportano nella sessualità triste, abulica e nonsense del Nostro, capace di replicare pure la famigerata soggettiva della vagina durante il rapporto sessuale di Enter the Void (2009): anche stavolta quel che vediamo è l’unico attributo possibile del film.

Il cazzone è il nostro Murphy (Karla Glusman), che fotte tutto, e non solo le compagne più o meno stabili: collo assente, fronte bassa e sguardo bovino, cita 2001 quale film della sua vita, ma piuttosto ricorda il Palla di Lardo di Full Metal Jacket. Un deficiente, e passano i minuti è il fastidio che provoca cresce esponenzialmente. Lo dice più volta, sono un americano, e gli americani combattono per quel a cui tengono, mica come i francesi: ebbene, Love, non si sa quanto consapevolmente o meno, è uno dei film più efficaci mai realizzati contro l’imperialismo a stelle e strisce. Ed è tutto merito di questo deficiente imbelle che è Murphy.

Purtroppo, se Electra e la madre del figlio sono belle da vedere, seppur non troppo espressive, ma due ore e passa delle sue erezioni – gli sia alza solo quello, il cervello non ha sussulti – e delle sue eiaculazioni in sala – il 3D aiuta – stroncherebbero chiunque.

Viene quasi da arruolarsi nell’ISIS in ottica anti-yankee o, sarebbe meglio, cercare Gaspar (il nome del bambino) e Noé (il nome dell’ex di Electra) con la mazza, pardon, la ramazza per pulire la monnezza verbosa, verbale e compiaciuta che lascia sullo schermo. Ha solo lo stile, ma la sua “poetica” è arrogante, demente e sessuofobo ciarpame. In fondo, è davvero l’unica cosa a nudo nel film: il bluff vivente che è Gaspar Noè.