Un leone ruggisce chiuso in una gabbia. Una prigionia che dura pochi attimi, poi la belva riacquista la libertà e si trasforma nel leone alato simbolo di Venezia e della Biennale. E' la nuova suggestiva sigla voluta dal direttore Marco Muller e uscita su richiesta dalla matita prodigiosa del maestro sudafricano William Kentridge con il doppio intento di celebrare il festival e insieme un ben più importante appuntamento, i dieci anni dalla fine dell'apartheid. Il Sudafrica fa però bella mostra di sé anche nella sezione 'Orizzonti' con un film semplice e commovente, Yesterday di Darrell Jasmes Roodt. Un'opera che dimentica i passati scontri razziali, gli odierni drammatici problemi della capitale, per mostrare la vita delle campagne, enormi spazi disabitati dove la distanza tra un villaggio e l'altro può essere colmate solo al prezzo di lunghe camminate sotto il sole battente. In uno di questi villaggi vivono Yesterday - un nome simbolico: il presente è duro e il futuro non si sa come sarà, mentre il passato è bello perché brilla della luce dei ricordi - e la sua bambina. Madre e figlia si dividono il lavoro dei campi, le lunghe file per l'acqua, il poco cibo a disposizione. Quando Yesterday si ammala, persino farsi visitare diventa un problema, giacché al consultorio le code sono enormi e si torna spesso a casa senza aver visto neanche un camice bianco. Ci sarebbe da maledire il destino che ha scelto per loro questo angolo di mondo, invece il sorriso è sempre sulle labbra e soprattutto nei cuori, impermeabili alle brutture della vita. Ma i fazzoletti bisogna comunque prepararli, perché il dramma è dietro l'angolo. Solare e positivo per quanto duro, il film di Teboho sorprende per molti aspetti, non ultimo perché racconta di un mondo popolato di donne, costrette a farsi carico di ogni incombenza dal momento che i mariti passano lunghi periodi lontano a lavorare. E così a dominare è una società patriarcale, fortemente basata sulla disponibilità verso gli altri. Ci si aiuta ma anche si scherza, mettendo alla berlina alcuni luoghi comuni degli uomini che dimostrano di avere tutti le stesse debolezze, in Africa come in Europa. Una boccata di aria pura che viene da un paese lontano finalmente riconoscibile per una cultura il cui valore è stato troppo a lungo soffocato.