Laura e Giorgio si amano intensamente e sono desiderosi di un figlio che non arriva.  Un giorno, mentre cammina in un vicolo della cittadina, Laura viene strattonata e violentata. Solo qualche tempo dopo, la donna confessa al marito di essere incinta.  La prima reazione dell'uomo è di stupore e rifiuto.  La possibilità di abortire viene messa in conto ma, quando il medico è pronto, Laura rinuncia e si mostra decisa ad accogliere quella creatura. Giorgio, conquistato dalla sua decisione di donna e di madre, finisce per  convenire sul modo di procedere. Quello sarà il loro bambino.
Luigi Pirandello scrive il testo nel settembre/ottobre 1917 sulla base delle novelle Scialle nero dalla raccolta omonima e L'altro figlio dalla raccolta In silenzio. Il testo va in scena in prima nazionale il 29 gennaio 1919 al teatro Manzoni di Milano.  Lo scalpore suscitato dall'argomento è forte e negli anni successivi resta un po' in disparte rispetto ai grandi testi pirandelliani. Michele Placido lo riscrive (con Giulia Calenda) ambientandolo ai giorni nostri tra la Puglia e la Sicilia. “La storia –dice- mi è sembrata ancora più significativa una volta trasportata in un epoca come la nostra, in cui la maternità spesso viene programmata (…) mi incuriosiva l'eterno conflitto uomo-donna e come in fondo Pirandello avesse voluto sottolineare la fragilità del maschio …”.  
Lo spostamento ad oggi risalta con evidenza come determinante per lo sguardo che Placido vuole gettare sulla vicenda. Maternità mancata, violenza subita, la vita da salvaguardare, l'equilibrio della coppia: sono temi importanti che la nostra contemporaneità è abituata a declinare in forme più rigide e quasi isteriche. Con  l'aggiunta di una scienza che talvolta sconfina negli esperimenti come se fossero giochi di società.  Ragione e affetti vanno di pari passo e qui il copione sembra avvertire la necessità di non eccedere nel dipingere il dramma di tinte fosche. Con uno sguardo che corre tra realismo e melò, con pochi personaggi, con scelte narrative ridotte al minimo, Placido compone un dramma da camera a due, nel quale il nodo etico sulla vita da (non) accogliere si scioglie con la scelta di dire si alla vita , e insieme alla reciproca comprensione. La regia plastica, livida, con echi viscontiani resta addosso ai due protagonisti: Ambra Angiolini, Laura ilare, leggera, sconvolta, convinta di dover restare madre e donna; Raoul Bova, costretto a vivere una situzione inattesa da uomo quasi indifeso, isolato, incerto sulla strada da seguire.