Cinema e sensi: può il grande schermo raccontare la pittura? Saliamo al primo piano del Mauritshuis, il Museo reale di Pittura dell'Aia: un gioiello architettonico scrigno per innumerevoli gioielli. Si è avvolti dal fascino perenne della pittura, da una serie di raffinati capolavori fiamminghi. Vermeer abita nella sala numero nove: e lì lo sguardo turbato e perplesso di una ragazza con turbante turchese ed un impareggiabile, luminoso orecchino di perla cattura la tua attenzione. Sei costretto a guardarla. Si ha la sensazione di rivivere gli istanti di vita di quella giovane sconosciuta, gli istanti della pittura, gli istanti della creazione. Non poteva Tracy Chevalier rimanere insensibile a questo sguardo femminile ed indifferente a quelle labbra umide e socchiuse: scrive un romanzo di fantasia, La ragazza con l'orecchino di perla, dall'enorme successo editoriale. Poi arriva il cinema, affamato di buona letteratura, ed incarica Olivia Hertreed di ricavarne una sceneggiatura: da un libro visivo al film - opera prima di Peter Webber - che racconta, con ricca fantasia ma altrettanta plausibilità, la storia di un quadro famosissimo e del suo artefice, Vermeer, che ha depositato per sempre il suo genio in sole, inestimabili trentacinque tele. Siamo nel 1665, a Delft, e Griet entra a servizio della famiglia Vermeer, cattolica. Una suocera autoritaria, una moglie capricciosa, figlioletti dispettosi e gelosi in continuo arrivo, ed un pittore scorbutico; poi, a livello cucina e cantine, la servitù. Nella precarietà della sua condizione, Griet scopre la medesima fonte di energia ed ispirazione del suo padrone: la luce, nella quale entrambi scorgono l'eternità. Ed in questo scontro tra il trambusto e la violenza domestica e la quiete del pittore rinchiuso nell'Eden creativo, tra i due nasce una spirituale, precaria finalità: per lei dare il volto acerbo ed intenso dell'adolescenza che scopre amore, vita e, forse, libertà; per lui la possibilità di consegnare per sempre ai posteri quel volto, oltre che assicurarsi il pane quotidiano dal committente, il ricco e lascivo van Ruijven (Tom Wilkinson). Film di atmosfere borghesi come le tele di Vermeer, che è un piacere scoprire tra gli squarci di luce, quella pura del nord, che investe gli angoli angusti della casa; film di scene, costumi e curiosità colte (anche una serie di citazioni della storia dell'arte, perché si scorge, ad esempio, Il cardellino di Fabritius appeso in un salotto della magione), al quale la recitazioneolin Firth e di Scarlett Johansson (dalla stupefacente somiglianza) donano un tocco di classe. Senza però trasformare in coinvolgente passione il freddo mistero olandese di un quadro e di un orecchino.