Ispirato al romanzo di Roald Dahl e - in un certo senso - remake dell'originale del 1971 con protagonista Gene Wilder, La fabbrica di cioccolato vede riunire per l'ennesima volta l'attore Johnny Depp e il regista Tim Burton. Un'accoppiata vincente che riesce a trasformare la storia di Dahl in una fiaba postmoderna e ipertecnologica sospesa tra black humour e tematiche più serie, come quelle legate alla riflessione sulla paternità e sul bisogno di identità. Ricco di citazioni cinematografiche come quelle ispirate da 2001 Odissea nello Spazio, La fabbrica di cioccolato è un film esilarante che sembra nascere dalla contaminazione tra il cinema per famiglie dalle suggestioni disneyane e l'innovazione narrativa portata avanti dalla saga di Harry Potter. La storia è quella di Charlie, un bambino che coltiva un unico grande desiderio: entrare - almeno una volta nella vita - nella grande fabbrica di cioccolato di proprietà dell'enigmatico e misterioso Willy Wonka. Una gigantesca costruzione avveniristica che domina la piccola cittadina inglese dove il ragazzino vive, insieme alla sua famiglia poverissima costituita dai quattro bisbetici nonni e dai due genitori, tutti stipati in una casupola scassatissima. Un bel giorno, però, arriva una grande notizia: cinque bambini provenienti da qualsiasi angolo del pianeta potranno fare un tour guidato dello stabilimento di cioccolata più buona del mondo, a patto di trovare un biglietto d'oro all'interno di una delle confezioni con il marchio Wonka. Il tanto sospirato incontro con lo sfuggente proprietario della fabbrica si rivelerà essere un test in un luogo magico, popolato da misteriosi ed eccentrici personaggi che lavorano come operai nella fabbrica insieme a creature altrettanto misteriose, dotate - talora - di un brutto caratteraccio. Un gioco spettacolare e politicamente scorretto di immagini seducenti che grazie al potere immaginifico del cinema e del talento di Tim Burton diventa una celebrazione visiva della passione e della capacità di sognare. Non solo: anche un film tutt'altro che retorico sull'importanza della famiglia e sulla necessità di affrontare i propri fantasmi personali. Anche se questi hanno l'inquietante aspetto di un Christopher Lee truccato come un severo dentista, padre di Wonka, da cui quest'ultimo era scappato da ragazzino. Un altro sogno straordinario generato dall'incommensurabile talento di un Tim Burton in stato di grazia.