Nel corso della sua ormai lunga carriera (esordio con Il secondo risveglio di Christa Klages, 1978) Margarethe Von Trotta  ha già diretto Rosa Luxembourg, 1986, sull'attivista socialista, e Rosenstrasse, 2003, sulle donne di Berlino negli anni bui del nazismo. Può essere considerato il completamento di una ideale trilogia dedicata alla storia tedesca del XX secolo questo suo nuovo film, che fin dal titolo chiarisce intenzioni e obiettivi.
Hannah Arendt non è dedicato alla filosofa e teologa tedesca, nata ad Hannover nel 1906, imprigionata per un breve periodo dalla Gestapo nel 1933, sposatasi  in seconde nozze  con Heinrich Blucher nel 1933 e emigrata con marito e madre nel 1941 negli Stati Uniti. Queste note biografiche emergono semmai in vari momenti del racconto principale: che coglie Hannah in età ormai matura quando a  New York arriva la notizia dell'arresto di Adolf Eichmann e la decisione di Israele di processarlo in Patria. Ottenuto dal New Yorker l'incarico di inviata speciale, Hannah segue per tre anni il dibattimento.  Quando torna a casa, scrive cinque articoli sul giornale e, subito dopo, pubblica il libro La banalità del male, che esce nel 1963 e scatena subito una marea di reazioni tra il sorpreso e l'indignato soprattutto nelle varie comunità ebraiche.
Se consideriamo che parlare male di quel libro è atteggiamento ancora oggi attivo tra le generazioni più lontane dagli avvenimenti, ne concludiamo che la scelta della Von Trotta è pienamente legittima  e ben motivata. Si tratta di non aver paura di discutere e riflettere, di innervare filosofia e speculazione storica dentro ideologia e pensiero unico. A ridare vigore, forza, concretezza alla vita e al lavoro della Arendt provvede poi Von Trotta con un'opera di alto livello qualitativo ed espressivo. Nitido nelle luci e negli ambienti, lucido nelle psicologie anche minori, calato in una dinamica ricostruzione degli spazi e delel geometrie esistenziali , il film trova in Barbara Sukova un'interprete capace di restituire una Arendt donna del suo tempo e ugualmente esempio per le donne di oggi.  Un prova convincente per la regista tedesca, dopo qualche passo falso.