Giovani siciliani disoccupati, Dario e Nicola trascorrono le giornate tra spinelli, giri in motorino e la prediletta arte di arrangiarsi. Dario, neolaureato, accetta, in cambio della promessa di segnalazione per un lavoro, di andare a Roma a consegnare una misteriosa busta chiusa. Un compito semplice che però finisce per andare storto e scatena infiniti contrattempi…”. Sergio Misuraca tra il 1994 e il 1998 ha vissuto a Los Angeles. “Lì  il cinema –dice- si respira ad ogni angolo di strada. Quando sono tornato mi è tornata la voglia di girare una storia che avevo pensato 5/6 anni prima”.

L’esordio è all’insegna di un doppia anima: commedia e pulp. L’obiettivo è sfruttare da un lato il ricchissimo scrigno della commedia degli equivoci e degli imbarazzi (sulla scorta di tanti illustri precedenti al cinema, da Germi a Damiani), dall’altro quello di un approccio più misterioso e imprevisto, affrontando a viso aperto divagazioni tendenti alla violenza, alla vendetta, con spruzzate appunto di pulp. Il risultato è, quasi inevitabilmente, a corrente alternata. In realtà il legame tra i due amici dal carattere opposto (Nicola superficiale e cinico; Dario timido e imbranato) funziona fino a quando non scoccano le scintille del cambio di passo narrativo. Dopo la trasferta romana infatti i percorsi si dividono, i personaggi si confondono, qualche intervento (quello di Maria, la brava Aurora Quattrocchi) appare un po’ sbrigativo e spiccio. Cede qualcosa la compattezza del copione, riesce a restare invariata la cornice di fondo, la Sicilia tra Terrasini e dintorni colta in esterni giusti e appropriati. Il finale è all’insegna di una vera ecatombe, in stile Padrino.

Le ambizioni di Misuraca  sono molte e senza esagerare potrebbero essere messe meglio a fuoco in seguito. Dario Raimondi (Dario), Alessio Barone (Nicola), Alessandro Schiavo (Tony in stile Al Pacino), Ivan Franek (il boss Pancev) sostengono con convinzione i cambi di registro della trama. Che a dire il vero, prevede un sottofinale dopo i titoli di coda. A sorpresa.