La provincia nostalgica di Alexander Payne incontra la fantascienza “verde” della sovrappopolazione, in un racconto epico dalle mille (forse troppe) tematiche. Downsizing è un film ambizioso, ben lontano dal viaggio in bianco e nero di Nebraska. Non ci sono anziani sognatori o padri falliti, come il Jack Nicholson di A proposito di Schmidt, ma uomini pavidi che cercano di scappare dalla realtà per rinchiudersi in un’altra dimensione. In una parola downsizing: miniaturizzarsi per salvare se stessi e il pianeta.

La Terra è una casa che non ha più posto per tutti i suoi abitanti. Le risorse si stanno esaurendo e l’apocalisse è più vicina del previsto. Uno scienziato norvegese sembra aver trovato la soluzione: rimpicciolire le persone per diminuire gli sprechi e recuperare spazio. Si sentono gli echi di Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi e del mitico Radiazioni BX: distruzione uomo, senza però le celebri lotte con gli insetti diventati predatori giganti.

Matt Damon, Paul Safranek in Downsizing, deve misurarsi con una vita che lo respinge, sempre diviso tra la madre malata, le difficoltà economiche e un lavoro che non lo soddisfa. Ricorda il Paul Giamatti di Sideways – In viaggio con Jack, insegnante in crisi che deve ricominciare a vivere. Nel film del 2004, la vacanza con il suo amico Jack si trasformava in una medicina. E anche questa volta la narrazione assume una linea on the road, in pieno stile Alexander Payne, con Matt Damon che da “gigante” diventa “lillipuziano” e che, dalla onnipresente Omaha, si trasferisce in New Mexico e poi in Norvegia.

Lo humour nero del regista statunitense accompagna Safranek nel divorzio, nell’amore ritrovato e durante “la fine del mondo”. Si ride a denti stretti, mai a crepapelle. Solo quando il travolgente Cristoph Waltz entra in scena le risate abbondano. Interpreta un serbo festaiolo che traffica sigari cubani e alcool in miniatura, e rappresenta il riflesso di una società capitalista che esclude i poveri.

Il sogno americano s’infrange anche a dodici centimetri di altezza, nel paese delle meraviglie chiamato Leisureland, la città dei comfort e del lusso situata in New Mexico, il simbolo di un nuovo inizio per un’umanità che dovrebbe essere più consapevole. La retorica ecologista abbonda, ma l’inventiva di Payne lascia a bocca aperta e fa quasi dimenticare una sceneggiatura non sempre incisiva. Si perdona tutto a questo Downsizing, caricaturale, ambiguo e quasi spassoso.

 

Il cinema di Payne rimane fedele a se stesso, con le Hawaii di Paradiso Amaro ancora negli occhi e l’immancabile presenza di un satira puntuale e intelligente. Essere alti “due mele o poco più” non è la soluzione: si creano altre disparità e l’economia subisce una brusca frenata. Tutto è perduto? Payne non risponde, e lascia la parola alle emozioni, alle musiche e agli splendidi paesaggi. Forse non sarà la sua riflessione più riuscita ma, all’accendersi delle luci in sala, la magia non svanisce.