Anime trasmigrano da una corpo all'altro, attraverso le epoche, mutando.
1849, Isola del Pacifico: giovane avvocato (Jim Sturgess) offre rifugio a schiavo ribelle (David Gyasi) durante tragitto in nave in cui tentano di avvelenarlo; 1936, Scozia: compositore ricco di talento (Ben Whishaw) offre prestazioni a grande della musica (Jim Broadbent) con l'obiettivo di realizzare il suo capolavoro; 1973, San Francisco: bella giornalista (Halle Berry) s'innamora dell'uomo sbagliato (Tom Hanks) mentre indaga sui piani criminosi di un guru del nucleare (Hugh Grant); 2012, Inghilterra: scaltro editore (Jim Broadbent) si arricchisce alle spalle di uno scrittore per ritrovarsi internato in una specie di lager per anziani; 2144, Neo Seoul (?): clone geneticamente progettata per servire in un fast food (Doona Bae) si unisce ai ribelli in lotta contro una società totalitaria; 2321, da qualche parte: capraio rozzo (Tom Hanks) difende la propria famiglia da un gruppo di predoni cannibali in una terra di nessuno.
Vicende slegate, basculanti tra momenti differenti, continuamente interrotte, e lo spettatore costretto a doversi sempre orientare, ritrovare il filo e riperderlo subito dopo averlo ritrovato, spossato da un mondo che cambia a ogni battito di ciglia. E' Cloud Atlas l'indigesto pasticcio sci-fi cucinato dai fratelli Wachowski in combutta con Tom Tykwer, serissimo candidato a (s)cult dell'anno.
Opera tanto ambiziosa quanto fallimentare, che risucchia nel proprio vortice cinefago il romanzo-fiume di David Mitchell, con i suoi viaggi a/r nel tempo, le sue bisettrici filosofiche (libero arbitrio e distopie sociali, misticismo e ragione hobbesiana), i suoi crocevia narrativi. C'è troppo di tutto – ore, temi, ascendenze, generi – e attori importanti, ma nessuna vera emozione.
Contorto, imbalsamato e involontariamente esilarante, è una specie di segnale wow lanciato nell'universo, contenente il bignamino illustrato della civiltà umana.Che spiega perché dall'ignoto spazio profondo non risponda mai nessuno.