David (Tim Roth, bravo assai: Concorso pieno di belle prove maschili, non femminili) si prende cura dei malati terminali: meticoloso, empatico, professionale e prodigo, le relazioni che instaura con i degenti vanno al di là – lo so, facile… - della vita. Eppure, qualcosa non quadra: perché nella sua vita privata queste virtù, questo afflato, questa riconoscenza affettiva e riconoscimento professionale non li miete? E, ancora, gli è davvero morta la moglie di AIDS?

Domande buone per Michel Franco, che dopo aver vinto Un Certain Regard nel 2012 con Después de Lucia approda al Concorso della Croisette con Chronic, da lui scritto e realizzato, prodotto da Messico e Francia, parlato in inglese.

L’occhio è distaccato, forse pudico, perché i campi sono medi, il registro realistico con la sottrazione per basso continuo: farmacologizzato? No, piuttosto umano: David cura, soprattutto, David si prende cura, e così il film, con misura, equanimità, si direbbe, d’animo. Ma, potreste ribattere, non sarà freddezza, buona pure per celare, non rivelare subito e sino in fondo le due vite di David?

Può essere, e purtroppo quando è costretto ad abbandonare Frank, cui faceva vedere i porno sull’iPad, il film derubrica da cronaca ad accanimento senza quid: arrivano le “sorprese”, pure un’ultima ferale e fatale, e Chronic va a rotoli, svelando la sua sottaciuta ma irredimibile pochezza in un frontale (a)morale. Non va. No. Bacchettone.