Film a episodi non perfetto, ma necessario sulla condizione dei bambini in determinate zone del Sud e del Nord del mondo. In apparenza piccole storie dal nostro quotidiano, sviluppate a puntate in diverse nazioni. Prodotto anche da Maria Grazia Cucinotta, che si è ritagliata un cameo, soffre e beneficia dei pregi e dei difetti di tutti i film ad episodi. Una visione frammentaria dell'infanzia "violata" e - al tempo stesso- una pellicola corale per ricordarci come siano i piccoli a soffrire di più per gli errori dei grandi. L'intenzione dei vari registi, tra cui Ridley Scott, Spike Lee, John Woo e Emir Kusturiça è quella di ricordare agli adulti che anche loro sono stati potenzialmente nelle medesime condizioni dei piccoli protagonisti. Si tratta di un film duro che talora raggiunge i toni di alcuni romanzi di Dickens, nel ritrarre una figlia di drogati newyorkesi positiva al test dell'HIV, un'orfanella cinese, uno scugnizzo napoletano o l'ospite di un carcere minorile serbo. Guerra, malattia, pedofilia e delinquenza minorile vengono affrontati in maniera molto diretta. Il suo più grande pregio è anche il suo peggior difetto: con l'intento di mostrare e spiegare scivola nel didascalico, a scapito dell'aspetto narrativo e artistico. Un'eccessiva semplificazione che non riesce a sostenere "l'estremismo" di storie così dolorose e agghiaccianti. Ma quando l'elemento etico è così sconvolgente ha veramente senso mettere in discussione il valore artistico?