Bel tipo J.C. Chandor. Assicuratosi la benevolenza della critica con un kammerspiel corale, logorroico e sottile sulla malattia della finanza, Margin Call, spiazza tutti con un'opera seconda che gira tanto a largo della prima da finire a mare aperto: oltre le rotte di navigazione mainstream.

Praticamente muto, con un solo personaggio in scena, schivante i soliti stratagemmi narrativi, All is Lost è la negazione del classico intrattenimento hollywoodiano, il tentativo di un cinema puro e sensoriale come di rado se ne trovano al di là dell'oceano. Ed è l'Oceano (Indiano) il nuovo spazio d'elezione, vastità sinistra e silenziosa del mare - agli antipodi rispetto alla verticalità grigia e angusta del Capitale – dentro cui Chandor si immerge come fosse la propria fonte battesimale. Acque smeraldine e pericolose s'intende, al pari di quelle che cullano lo yacht “Virginia Jean” di un uomo senza nome e senza storia (Redford).

Nulla sappiamo di lui né del container di roba vecchia che qualcuno ha lasciato lì, per strada, distratto. Come cocci di bottiglie bucano un barcone super attrezzato di 12 metri, nemmeno fosse un palloncino. Di lì in poi è tutto un dilazionare intorno alla clessidra della sopravvivenza: gommoni di scorta, scorte di cibo, acqua salina e ingegnosi metodi di resistenza, sempre aggrappato alla scialuppa della vita contro gli impeti di una natura in tumulto, ondosa e fragorosa come all'epoca del diluvio. Il tutto messo in scena con straordinaria sobrietà, seguendo il ritmo sottotraccia dell'anima, nel moto disperante e ondivago dell'immobilismo colmo d'azione, unica concessione al protagonista.

Strepitoso Redford, memorabile la sua performance fisica. Notevole il contributo di Frank G. DeMarco (fotografia) e dell'operatore subacqueo Peter Zuccarini. Performante lo score di Alex Ebert, la chiave è spirituale.

Questa lotta per la sopravvivenza è ricca di sfumature. Quella barca siamo noi, il mare è il nostro tempo. Oppure, lettura metafisica: quella barca è la vita e il mare il suo attraversamento. A ogni buon conto, si salvi chi può.