“I The Jackal approdano sul grande schermo con un’irresistibile fantacomedy”. Lo vorrebbe il pressbook, ma non è vero: ammesso e concesso il genere, di irresistibile non c’è nulla. Addio fottuti musi verdi, acronimo respingente AFMV, in anteprima ad Alice nella Città di Roma anno XII e poi in sala, non fa che rincarare l’adagio: gli youtuber al cinema non funzionano, e siamo ormai all’accanimento terapeutico.

A farne le spese, ovvio, gli spettatori, almeno, quelli che ancora ci cascano, e non crediamo saranno poi molti: possibile, ed è in primis una considerazione produttiva, che non si sia capito che web e grande schermo non sono nemmeno lontani parenti, che clip e film sono addirittura contrari, che il successo su un supporto spesso equivale all’insuccesso su un altro?

Regia di Francesco Capaldo, alias Ebbasta, Ciro Priello protagonista, nel cast Beatrice Arnera, Ruzzo Simone, Fabio Massimo, Alfredo Felco e Roberto Zibetti, partecipazione speciale dei gomorriani Fortunato Cerlino e Salvatore Esposito, Addio fottuti musi verdi associa Napoli e alieni, astronavi e precariato, disoccupazione ed effetti speciali, triangolando tra amore, amicizia e fantascienza sul basso continuo del lavoro che non c’è o comunque non è quello che si vorrebbe.

Volendo essere cattivi, la speranza che i giovani oggi in Italia possano trovare la quadra tra sogno e impiego non la dà la diegesi, ma il film: che i The Jackal siano riusciti a farlo dice al di là di ogni dubbio che tutti, nessuno escluso, possono farcela.

Se gli effetti speciali non sono nemmeno male, a lasciare interdetti, sospesi tra incredulità e imbarazzo è tutto il resto: birre alla spina come se piovesse, mamme e parmigiane come se grandinasse, siparietti con gli industriali del pisello Cerlino ed Esposito che non funzionano già la prima volta ma vengono iterati ad libitum, liaison trascendentale  tra Ciro (Priello) e Brandon (Zibetti) che al massimo ha il respiro per un clippino, giammai per un film.

Insomma, un disastro: non si ride pressoché mai, si guarda spesso l’orologio, ci si chiede sempre perché. Ma non c’è una risposta come, ed è più grave, non c’è un film. Né, per tornare al pressbook, è riscontrabile “la carica surreale e lo spirito dissacrante del gruppo creativo”.

Morale della favola, che siano The Jackal o altri, quando degli youtuber sbarcano in sala c’è una sola possibilità di salvezza: scappare. Senza voltarsi indietro.