Non sposate le mie figlie!

Qu'est-ce qu'on a fait au Bon Dieu?

3/5
Commedia francese sull'incontro/scontro tra differenti culture. Simpatica, ma autocelebrativa

Leggi la recensione

FRANCIA 2014
Claude e Marie Verneuil, sono una coppia borghese, cattolica e molto vecchio stampo. Tuttavia, per dimostrare di avere una mentalità aperta hanno accettato loro malgrado i matrimoni di tre delle loro quattro figlie: la prima ha sposato un musulmano, la seconda un ebreo e la terza un cinese. Tutte le speranze di vedere finalmente in famiglia un matrimonio in chiesa risiedono quindi nella più giovane delle quattro che ha incontrato un bravo giovanotto cattolico...
SCHEDA FILM

Regia: Philippe de Chauveron

Attori: Christian Clavier - Claude Verneuil, Chantal Lauby - Marie Verneuil, Ary Abittan - David Benichou, Medi Sadoun - Rachid Benassem, Frédéric Chau - Chao Ling, Noom Diawara - Charles Koffi, Frédérique Bel - Isabelle Verneuil, Julia Piaton - Odile Verneuil, Émilie Caen - Ségolène Verneuil, Élodie Fontan - Laure Verneuil, Pascal Nzonzi - André Koffi, Salimata Kamate - Madeleine Koffi, Tatiana Rojo - Viviane Koffi

Soggetto: Philippe de Chauveron, Guy Laurent

Sceneggiatura: Philippe de Chauveron, Guy Laurent

Fotografia: Vincent Mathias

Musiche: Marc Chouarain

Montaggio: Sandro Lavezzi

Scenografia: François Emmanuelli

Costumi: Eve-Marie Arnault

Altri titoli:

Serial (Bad) Weddings

Monsieur Claude und seine Töchter

Dios mío, ¿pero qué te hemos hecho?

Durata: 97

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: RED EPIC, D-CINEMA (1:1.85) - TECHNICOLOR

Produzione: LES FILMS DU 24, TF1 DROITS AUDIOVISUELS, TF1 FILMS PRODUCTION

Distribuzione: 01 DISTRIBUTION (2015)

Data uscita: 2015-02-05

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO IN ASSOCIAZIONE CON: SOFICA UGC 1, BANQUE POSTALE IMAGE 7; CON LA PARTECIPAZIONI DI: CANAL +, CINE +, TF1, TMC.

- DISPONIBILE ON DEMAND SU AMAZON PRIME VIDEO DAL 15 GIUGNO 2020.
CRITICA
"Questa commedia che ha staccato in Francia 12 milioni di biglietti ci arriva nel momento peggiore e migliore. Peggiore, perché dopo il massacro Charlie Hebdo il tema delle diversità etniche religiose non sopporta oltraggi di banalità da chiacchiera da bar; migliore, perché in ogni caso vale sempre la pena di spezzare la famosa lancia contro i pregiudizi. È come un 'Indovina chi viene a cena?' moltiplicato per 4. (...) Tutto per sorridere, con Christian Claver testardo e bravo nel ricominciare da dove aveva smesso De Funès, con figlie e valigie, seguendo un copione di pregiudizi equamente divisi: ping pong di dialoghi, gaffes e situazioni tutte prevedibili, circoncisione compresa, spesso a tavola come si conviene al fascino discreto della borghesia mangiona e molto razzismo gastronomico. Al regista Philippe de Chauveron (scrive con Guy Laurent) piace circumnavigare il politically correct sempre protetto, convenendo alla fine che in fondo ci si vuol tutti bene, tutti a cantar Messa. Un vero trionfo ipocrita da commedia best seller (più di 'Quasi amici'), ammirando il divertente cast multi boulevardier, attendendo piccini meticci e riascoltando «Douce France» di Trenet." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 5 febbraio 2015)

"Dodici milioni di spettatori, tutti grazie al passaparola (anche nella capitale mondiale della critica ormai le commedie popolari saltano le anteprime stampa), e un successo trasversale che ha costretto gli scribi parigini a interrogarsi sul fenomeno senza pregiudizi. Certo, il film è fatto per piacere e non offendere nessuno, un 'Ti presento i miei' interculturale. (...) Peccato che tante buone intenzioni producano un film grazioso ma non molto inventivo e fin troppo cauto. Come se agli autori premesse soprattutto non tirare troppo la corda e quella 'famiglia Benetton', come dicono i vicini, fosse lo spunto per una satira garbata ma irrealistica." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 5 febbraio 2015)

"Grande successo della scorsa stagione francese (...) ripropone in forma edulcorata e piattamente buonista quel repertorio da commedia contemporanea sul confronto etnico che ha conosciuto nelle stagioni passate risultati più puntuti senza rinunciare ad essere divertenti. Dai precedenti britannici fino al francese 'Quasi amici'. (...) Scivola via piacevolmente ma seguendo la strada più facile e ovvia." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 5 febbraio 2015)

"«Non sposate le mie figlie!» (...) scherzava col fuoco e i fattacci di «Charlie Hebdo» rendono il film, ahinoi, inattuale; però, anche a soppesarlo forzandosi a non pensarci su troppo, non è che il balletto di gag, scaramucce e quiproquo matrimoniali diretto con la routine del mestiere lasci una bella impressione. A parte il complesso di recitazioni appena intonato, infatti, i toni paternalistici, le battute birichine e i caratteri scontati fanno sì che l'irriverenza viaggi su un treno satirico merci e la deriva più politicamente corretta che romantica del finale non renda minimamente giustizia alla sorniona perfidia di tanti recenti exploit della produzione d'Oltralpe." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 5 febbraio 2015)

"Anche quando s'impegna, l'industria francese non riesce proprio a produrre banalità. L'esempio arriva da questa commedia meltin' pot già da mesi campione d'incasso Oltralpe, dove - nonostante tutto - si continua a credere nell'integrazione multiculturale e religiosa. (...) la pellicola va segnalata per l'intelligenza di fondo benché in formato decisamente light. Alla base, l'ispiratore del genere nonché padre sovrano del cinema antirazzista: 'Indovina chi viene a cena?'" (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 5 febbraio 2015)

"Piacerà a chi ha già gradito le commediole sui rapporti multietnici arrivate negli ultimi anni dalla Francia ('Quasi amici'; 'Giù al Nord'). In Francia è stato campionissimo al botteghino nello scorso anno. Se lo programmavano sei mesi dopo, nei giorni del Charlie Hebdo non faceva un euro." (Giorgio Carbone, 'Libero', 5 febbraio 2015)

"È indiscutibile che, alla luce dei recenti fatti di sangue parigini, questa pellicola assuma un significato totalmente diverso da quello di un film che dovrebbe interrogarsi sulla reale capacità della Francia di essere una società multietnica, pur attraverso battute al limite del politically correct. Tanti i temi trattati per quello che è stato, lo scorso anno, il grande successo cinematografico della stagione francese (60 milioni di euro incassati grazie ai 12 milioni di biglietti venduti): dal contrasto tra comunisti e gollisti ai matrimoni misti, dal razzismo più o meno velato all'attaccamento alla pro-pria identità culturale, dall'immigrazione alla capacità (e voglia reciproca) di integrazione. Anche se, dopo il massacro di Charlie Hebdo, è quello della differenza di religioni che finisce per essere il più tragicamente attuale e disatteso. (...) Una simile trama è solo il pretesto per regalare, al pubblico, una serie strepitosa di gag e battute sui temi sopra citati. Che hanno il pregio, sorridendo, di far riflettere. Poi, ad un certo punto, salta fuori, durante il film, un cognome (scelta casuale perché la pellicola è dello scorso anno) diventato noto nella strage di gennaio, quasi un presagio per richiamarti ad una realtà ben diversa da quella descritta dalla commedia." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 5 febbraio 2015)

"La scorsa primavera è stato campione di incassi in Francia. Ora la commedia multietnica Non sposate le miefiglie di Philippe de Chauveron, francamente soprawalutato oltralpe, arriva anche nelle nostre sale, dove probabilmente non godrà dello stesso successo. La storia è quella di una coppia di borghesi di provincia che hanno visto tre delle loro quattro figlie andare in sposa a un cinese, un arabo e un ebreo. La quarta sembra finalmente aver scelto un cattolico, ma l'uomo ha la pelle nera. Il regista gioca con provocazioni e luoghi comuni, mescolandole le carte in tavola e dimostrando che tutti siamo un po' razzisti e intolleranti nei confronti di chi è diverso, per colore, cultura o religione. Nel microcosmo familiare l'amore finirà per trionfare dimostrando che vivere insieme e in pace è possibile." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 6 febbraio 2015)

"Regia, sceneggiatura, e brillante cast del francese De Chauveron, che per fare botteghino ha studiato bene come si 'svisa' il classico 'Indovina chi viene a cena?', aggiornando il 1967 al tempo dell'integrazione della illuminatissima Europa (prima di Charlie Hebdo). Ma i totem e i tabù sono gli stessi. Non lo sapevamo?" (Silvio Danese', 'Nazione - Carlino - Giorno', 6 febbraio 2015)

"Quattro matrimoni e due facce da funerale: potremmo definire così, parafrasando il titolo del celebre film con Hugh Grant, questo «Non sposatele mie figlie», commedia francese di enorme successo in patria nella scorsa stagione. (...) Messi in campo i giocatori e date le carte, la commedia, come si intuisce facilmente, gioca (...) la sua partita proprio nello squadernare tutti, ma proprio tutti i luoghi comuni legati ai protagonisti. (...) Niente paura, siamo pur sempre in una commedia e in una commedia francese quasi sempre (come ci ha insegnato Chabrol), soprattutto se è ambientata in provincia, le dispute si risolvono a tavola e, dopo un buon bicchiere (magari due o tre), si diventa amiconi e si superano tutte le difficoltà. Semplicistico? Beh, a una commedia di questo tipo non si può chiedere certo di più, anche se, in fondo, qua e là un bel po' di temi li mette in gioco. Prendendo in giro tutti, alla fine, però, non prende in giro nessuno: ognuno rimane, ovviamente, convinto delle pro-pie posizioni anche se, alla fine, il segreto è accettare di condividere quelle degli altri. Un grande vogliamoci bene che moltiplica per quattro il ben più pregnante «Indovina chi viene a cena?» (1967) di Stanley Kramer, che trattava l'argomento con ben altro stile e impegno. Ma, come dicevamo, ad una commedia non si può chiedere di più: si ride, ha buone battute, situazioni divertenti, agnizioni e qualche piccolo colpo di scena." (Andrea Frambrosi, 'L'Eco di Bergamo', 11 febbraio 2015)