LA VOCE DEL SANGUE

ITALIA 1952
Giulia ha amato in gioventù Carlo: da questa relazione è nato un bambino. Più tardi ha sposato Donato Scala, che ha adottato il piccolo Sergio. Dopo aver assolto brillantemente gli studi al Conservatorio di Santa Cecilia, Sergio vorrebbe recarsi a Bruxelles, per partecipare al concorso internazionale. Giulia, che in seguito alla morte del marito, si trova in strettezze, decide di rivolgersi per aiuto a Carlo. Sergio sorprende una sua telefonata, che gli fa credere che sua madre abbia una relazione illecita. Disgustato, il giovane lascia la casa materna ed accetta un posto di suonatore nel locale di Elsa di Lauro, ex canzonettista, della quale diviene l'amante. Sua madre e la sua fidanzata, Lucia, non sanno più niente di lui: un giorno Carlo lo trova nel locale d'Elsa e, fingendosi un appassionato cultore di musica, lo consiglia invano di lasciare quel posto, di riprendere gli studi. Quando Giulia apprende da Elsa la ragione per cui Sergio l'ha lasciata, Carlo decide di salvare ad ogni costo suo figlio. Ritornato da Sergio, chiarisce l'equivoco della telefonata e lo esorta a tornare da sua madre. Sergio non sa che Carlo è il suo vero padre e che per salvarlo ha dovuto affrontare due malviventi. Mentre Sergio corre da Giulia, Carlo, ferito mortalmente, muore.
SCHEDA FILM

Regia: Pino Mercanti

Attori: Otello Toso - Carlo Mattei, Franca Marzi - Elsa Di Lauro, Evi Maltagliati - Giulia Scala, Roberto Risso - Sergio Scala, Enrico Glori - Gabriele, Filippo Scelzo - Donato Scala, Lia Orlandini - Madre Di Lucia, Gigi Pisano, Cristina Pall, Gino Anglani, Franco Montagna, Rita Livesi, Ina La Jana, Lyla Rocco - Lucia, Paul Müller - Conte Franco Sampieri

Soggetto: Gaspare Cataldo

Sceneggiatura: Pino Mercanti, Fabrizio Sarazani, Gaspare Cataldo, Fulvio Palmieri

Fotografia: Giuseppe La Torre

Musiche: Franco Mannino

Scenografia: Jolanda Montori

Durata: 90

Genere: DRAMMATICO

Produzione: DINO ROSSINI PER ROMANA FILM

Distribuzione: ROMANA FILM

CRITICA
" Questo film è da ritenersi tra i meno disprezzabili della cosi detta produzione corrente che dovrebbe formare il nucleo più sostanzioso della nostra cinematografia e che troppo spesso scende al di sotto della mediocrità. La storia è narrata abbastanza bene, si che la realizzazione riesce ad ovviare in parte alla convenzionalità del soggetto". (A. Albertazzi, "Intermezzo", n. 13 del 15/7/1954).