Blindness - Cecità

Blindness

BRASILE 2008
Una città viene messa a soqquadro a causa di una misteriosa malattia che conduce alla cecità. Tutta la popolazione è ormai priva della vista e l'unica persona rimasta incolume è la moglie di un dottore. Mentre intorno a lei tutto è avvolto nel caos, la donna cerca disperatamente una cura per salvare suo marito.
SCHEDA FILM

Regia: Fernando Meirelles

Attori: Julianne Moore - La moglie del dottore, Mark Ruffalo - Il dottore, Gael García Bernal - Re della guardia 3/Barman, Sandra Oh - Il Ministro della Salute, Danny Glover - Il vecchio dall'occhio bendato, Alice Braga - La ragazza dagli occhiali scuri, Mitchell Nye - Ragazzo, Maury Chaykin - Contabile, Yoshino Kimura - Moglie del cieco, Don McKellar - Il ladro, Yûsuke Iseya - Cieco

Soggetto: José Saramago - romanzo

Sceneggiatura: Don McKellar

Fotografia: César Charlone

Musiche: Marco Antônio Guimarães

Montaggio: Daniel Rezende

Scenografia: Tulé Peak, Matthew Davies

Arredamento: Erica Milo

Costumi: Renée April

Altri titoli:

L'aveuglement

Cegueira

Colore: C

Genere: THRILLER DRAMMATICO

Specifiche tecniche: (1:1.85)

Tratto da: romanzo "Cecità" di José Saramago (ed. Einaudi, 2005)

Produzione: BEE VINE PICTURES, O2 FILMES, POTBOILER PRODUCTIONS, RHOMBUS MEDIA

Distribuzione: DVD E BLU-RAY: CG HOMEVIDEO (2011)

NOTE
- FILM D'APERTURA, IN CONCORSO, AL 61. FESTIVAL DI CANNES (2008).
CRITICA
"Portare sullo schermo il romanzo omonimo del Nobel portoghese José Saramago non era meno azzardato. Troppe idee troppe astrazioni per non rischiare la Grande Metafora. Ma soprattutto troppi precedenti per non suscitare comparazioni sconvenienti. (...) La metafora è insistita ma anche inerte. Solo perdendo la vista i personaggi vedono finalmente dentro se stessi. Peccato che Meirelles non interroghi mai davvero le immagini contentandosi di fornirci una sceneggiatura illustrata. Bel paradosso per un film intitolato Cecità." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15 maggio 2008)

"'Blindness' è del regista brasiliano Fernando Meirelles, tratto dal romanzo 'Cecità' del premio Noble 86enne portoghese Josè Saramago che, per ragioni di salute o preveggenza, se n'è rimasto a casa. Unica luce nel grigiore bluastro del film intervallato da un allucinante bianco lattiginoso colore della cecità, la rosea, bionda, non truccata e quindi tutta una borsa e una ruga Julianne Moore." (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 15 maggio 2008)

"Meirelles lo racconta con uno stile ondivago, quale volta estetizzante, altrove un po' compiaciuto. Con un solo colpo di genio, nelle scene delle donne che si offrono ai loro 'carcerieri' per cibo: le ombre e l'utilizzo del fuori-fuoco non permettono di distinguere quasi niente, si sentono solo frasi smozzicate e gemiti, ma l'effetto non si dimentica e il senso della bestialità umana si stampa nella memoria dello spettatore per sempre." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 15 maggio 2008)

"Il romanzo è un'allegoria della dittatura e spiega come ogni potere coercitivo abbia sempre un esercito di volenterosi carnefici al proprio servizio. Nel libro come nel film, c'è anche una sana, la moglie di un medico che segue nella reclusione il marito malato. La interpreta la bravissima Julianne Moore ed è letteralmente la nostra testimone oculare all'inferno. Il film non è brutto, ha anche un suo fascino sordido: è solo inutile." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 15 maggio 2008)

"Sarebbe piaciuto a Rod Serling questo apologo sulla cecità globale, scritto da un comunista sul mondo di oggi, insensibile alla sofferenza, alla fame, allo sfruttamento della maggioranza dell'umanità, anzi pronta, appena un cataclisma offra l'occasione propizia, come in Birmania e in Cina, a decuplicare i profitti con qualunque mezzo finanziario e militare necessario. Certo, 'Blindness' è stato trasformato, popolarizzato e anche deformato rispetto al romanzo di Saramago, ma il copione di Don McKellari, a differenza del testo originale, gioca a cancellare, con intento zen, proprio le immagini ottiche e acustiche prodotte dal regista, che sono quelle medie, comuni, della tv, mentre lo scrittore portoghese era costretto a produrre indelebili
'immagini mentali' capace di indignare e di spingere alla praxis e alla lotta il lettore." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 15 maggio 2008)

"'Blindness' si iscrive di diritto nel filone tematico del cinema apocalittico degli ultimi anni che comprende '28 giorni dopo', piuttosto che 'Io sono leggenda'. Di base la cancellazione del principio di autorità e il crollo dell'idea di civismo e cooperazione tra esseri umani. Sullo schermo invece il solito inconcludente esperimento formale che dribbla ogni ipotesi surrealista e/o grottesca per finire tra le braccia della convenzionalità melodrammatica del cinema di salvezza. Riguardo al piccolo gruppo dei nostri eroi, quelli che si salvano e che ritrovano la retta via, non c'è nulla da dire perché il cinismo a tratti comico del libro di Saramago si stempera in una messa in scena illustrativa e superficiale. Si sente lontano un miglio che la metafora allegorica sull'autodistruttiva umanità terrestre non ha nerbo e convinzione. Meirelles vorrebbe addirittura ragionare sull'atto della visione cercando di lavorare di montaggio sull'impossibile trasposizione della mancanza di interpunzione classica del libro. L'impresa è improba e tutto si riduce ad inutili inquadrature modulate sulla messa a fuoco in primo piano e la sfocatura in profondità di campo che non rispettano il punto di vista di nessun protagonista e finiscono per infondere disattenzione nello spettatore." (Davide Turrini, 'Liberazione', 15 maggio 2008)

"Regista di 'City of God' e 'The Constant Gardener', Meirelles lascia così le favelas del primo e il Kenya-cavia del secondo per girare in una città dall'aria prospera: le strade sono di San Paolo e Montevideo, il lazzaretto è una prigione di Guelph, nell'Ontario. Resta incerto il periodo abbracciato dal film. I primi contagiati vengono isolati, ma il morbo dilaga ugualmente, finché la società civile si dissolve. Alla fine si vedono solo non vedenti nelle strade: barcollano come zombi, in una feroce ricerca di cibo nei supermercati. Ciò farebbe pensare a un lasso di almeno un mese, ma a nessuno degli attori e delle comparse crescono barba e capelli in proporzione. Come possono radersi in quelle condizioni?" (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 15 maggio 2008)