Ararat - Il monte dell'Arca

Ararat

CANADA 2002
Raffi e David sono figli di due famiglie 'difficili', i cui conflitti interiori nascono da ricordi comuni. Raffi deve fare i conti con il ricordo di suo padre e con le reazioni di sua madre Ani, ossessionata da un passato che cerca di negare, e della sua sorellastra Celia che accusa Ani della morte del padre. David cerca di costruire un solido rapporto con il nipote Tony e di accettare il figlio Philip che è gay e ha come amante Ali, un attore. Celia ferisce accidentalmente Philip e Ali viene scritturato per un film epico in cui lavorano anche Ani e Raffi che viene sottoposto a uno stretto interrogatorio perchè è rientrato in Canada con molto materiale girato in 35mm.
SCHEDA FILM

Regia: Atom Egoyan

Attori: Charles Aznavour - Edward Saroyan, Eric Bogosian - Rouben, Christopher Plummer - David, Bruce Greenwood - Dr. Clarence D. Ussher/Martin, Brent Carver - Philip, Marie-Josée Croze - Celia, David Alpay - Raffi, Arsinée Khanjian - Ani, Elias Koteas - Ali/Jevdet Bey, Raoul Bhaneja - Il Fotografo, Max Morrow - Tony, Simon Abkarian - Arshile Gorky

Soggetto: Atom Egoyan

Sceneggiatura: Atom Egoyan

Fotografia: Paul Sarossy

Musiche: Mychael Danna

Montaggio: Susan Shipton

Scenografia: Phillip Barker

Costumi: Beth Pasternak

Effetti: Dennis Berardi, Matthew Steeves, Mr. X Inc.

Durata: 126

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: ALLIANCE ATLANTIS COMMUNICATIONS, SERENDIPITY POINT FILMS, EGO FILM ARTS, ARP SELECTION, ASTRAL FILMS,, SUPER ECRAN, THE HAROLD GREENBERG FUND, THE MOVIE NETWORK, TELEFILM CANADA

Distribuzione: BIM DISTRIBUZIONE

Data uscita: 2003-04-24

NOTE
- PRESENTATO FUORI CONCORSO AL FESTIVAL DI CANNES 2002.
CRITICA
"Atom Egoyan è un bravo regista canadese di origine armena, che negli anni ci ha regalato ottimi film come 'Exotica', 'Il dolce domani' e 'Il viaggio di Felicia'. 'Ararat', visto in concorso a Cannes 2002, è il film della sua vita: l'opera in cui Egoyan si confronta con il Tema con la 'T' maiuscola, il genocidio del popolo armeno compiuto dai turchi nel 1915. È, quindi, doppiamente doloroso scrivere che 'Ararat' è una cocente delusione. Non un film brutto, no: Egoyan non sarebbe capace di dirigere un film brutto, è artista troppo colto e troppo raffinato; ma un film inutilmente complicato, in cui il regista ha voluto mettere troppe cose. A cominciare dall'idea di base, apparentemente giusta ma nei fatti esiziale: il genocidio non è messo in scena in modo diretto, ma come un 'film nel film', diretto da un anziano regista interpretato da quell'autentica icona della cultura e dello spettacolo armeno che è il grande Charles Aznavour. Questa scelta di sceneggiatura fa sì che il film viaggi di continuo tra passato e presente, tra primo e secondo grado del racconto. È una scelta intellettuale, un po' alla Nouvelle Vague (della quale Aznavour è in fondo una citazione vivente: il suo più grande ruolo al cinema rimane 'Tirate sul pianista' di Truffaut), che nuoce alla forza espressiva del film e anche alla sua immediata comprensione: 'Ararat' è, qua e là, francamente incomprensibile, e l'ansia di comunicazione di Egoyan, il suo bisogno di ricordare al mondo il genocidio della sua gente ne vengono pesantemente penalizzati". (Alberto Crespi, 'l'Unità', 24 aprile 2003)

"La scelta di raccontare i tragici eventi del 1915 come 'film nel film' non è l'unica infelice: abbondanza di Edipi irrisolti, complicate relazioni familiari, un doganiere che serve da confessore e da Sherlock Holmes. Per l'autore di 'Il dolce domani' e 'Il viaggio di Felicia', il film di una vita. Forse troppa emotività in gioco. Certo troppa confusione". (Paola Piacenza, 'Io Donna', 24 maggio 2003)

"Atom Egoyan ha dovuto aspettare e penare troppo prima di riuscire a realizzare 'Ararat'. Si sente che nel film ha messo molto di sé, di ciò che lo lega alle proprie origini armene, dell'orrore per l'atroce genocidio perpetrato dai turchi nel 1915: però il risultato è incerto, confuso, inferiore alle aspettative che il suo talento legittimava. Il problema è come Egoyan fa interferire tracce narrative disparate in una narrazione a scatole cinesi troppo piena di coincidenze e, insieme, di incongruenze. Viaggiando tra presente e passato, realtà e finzione, 'Ararat' ottiene un effetto ai limiti dell'imbarazzo: se i brani di film nel film hanno l'aspetto di un mélo retorico e manicheo, il film vero che li contiene non pare riuscito molto meglio e sconta l'artificiosità in cui incorre, spesso, chi vuol dire troppe cose in una volta sola". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 21 maggio 2002)