Parafrasando una vecchia battuta di Ennio Flaiano: "La situazione in Italia è grave, ma non seria". Una freddura che rappresenta alla perfezione lo spirito di Boris, l'adattamento della fortunata serie italiana (in onda su Sky per tre stagioni) che passa su grande schermo (dal primo aprile in 300 sale con 01) senza perdere i pezzi. Di bravura, perché il film può contare su un cast affiatato, battute al vetriolo e un'idea apocalittica del paese che non fa sconti a nessuno. E di coraggio, perché osa riesumare dalla grande commedia italiana l'inosabile dimenticato: il tragico. Non a caso i tre autori - Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo - su una cosa sono d'accordo: Boris è un "grido di disperazione". Cui fa eco la protesta inscenata in conferenza stampa da un gruppo di ragazzi - riuniti sotto la sigla "il nostro tempo è adesso" - che ricordano la manifestazione in piazza del 9 aprile contro la precarietà e lo "stagismo" selvaggio.
Tornando al film, nel raccontare le vicissitudini di una maldestra troupe televisiva tentata dal salto di qualità - realizzare una pellicola dal bestseller La casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo - mette in scena con lucido sarcasmo tare e vizi degli italiani, individuando nel microcosmo dei piccoli studios nostrani uno specchio fedele del paese, popolato da cialtroni, nevrotici, parassiti e un mare di volgarità: "E' un road-movie da fermo in questo pazzo paese che è l'Italia, dove l'eccellenza spaventa", lo descrive Mattia Torre. Boris punta il dito anche contro la commedia italiana che, sottolinea Ciarrapico, "incombe, anche se noi stessi ne facciamo una. Il punto è come viene utilizzata la risata". Più dettagliata la spiegazione di Vendruscolo: "Oggi si fanno tante commedie accondiscendenti, dal sorriso "unto", stereotipato. Noi invece i nostri personaggi non li perdoniamo mai". Anche se, ripetono all'unisono, Boris (prodotto da Wildside in collaborazione con Rai Cinema e Sky) è "un raro, felice esempio di libertà espressiva". Nessuna censura, nessuna pressione: nemmeno quando per impersonare un alto dirigente di Medusa hanno chiamato una scimmia: "Avevamo pensato a uno scimpanzè, ma ci hanno detto che Bingo Bongo, che è ancora vivo e ha 40 anni, è ormai una star ingestibile: praticamente non vuole più condividere il set con nessuno".
Ma il tiro al bersaglio è democratico: sulla graticola finiscono dirigenti televisivi (Antonio Catania) che inorridiscono di fronte alla possibilità di essere retrocessi alla "divisione cinema" ("dopo c'è solo la radio, e dopo la radio la morte"), cinepanettoni (esilarante - nello sconforto - quello "al Polo Nord"), sceneggiatori radical chic che schiavizzano i "topini" mentre giocano a ping pong, autori come Garrone, mostri sacri come Piovani (che perde l'Oscar su un tavolo da gioco) e improbabili soap televisive, una su tutte: Il giovane Ratzinger. L'insostenibile frivolezza di un mondo che adotta persino un ottuso pesciolino rosso - Boris - e ne fa un totem. Numerosi i camei - Piovani stesso, ma anche Claudio Gioè e Giorgio Tirabassi - e spassosa la satira sullo star system di casa nostra, dove Margherita Buy è diventata Marilita Loy (interpretata da Rosanna Gentili), "la più grande attrice italiana", sussurra ma non parla, vittima di quella che i tre sceneggiatori/registi chiamano "dittatura dell'insicurezza". Più i volti amati del piccolo schermo: Francesco Pannofino nei panni del regista René Ferretti, Pietro Sermonti in quelli del tronfio attore che vuole a tutti costi fare Gianfranco Fini, Carolina Crescentini, alias la "cagna maledetta" (un'attrice così vuota da sembrare un manichino), Ninni Bruschetta nel ruolo del direttore della fotografia Patané (col vizio della cocaina), Paolo Calabresi in quello del coatto Biascica, Alessandro Tiberi e Caterina Guzzanti nelle veci dei fidi assistenti Alessandro e Arianna. Ce ne sarebbero altri, troppi per citarli tutti: "La prossima volta - dice Ciarrapico - faremo un film di tre ore. E' stato doloroso condensare in un 'ora e quaranta lo spazio dedicato ai nostri personaggi. Ciascuno di loro soffre per una battuta, una scena tagliata". Vai a capire se si riferisce agli attori del film, o agli attori del film nel film. Confusioni di un "effetto notte" all'italiana. Mentre là fuori - tutti d'accordo - è ancora buio pesto...