Corse il rischio, James Bond, di girare sulla costa toscana la mitica scena di Agente 007 - Licenza di uccidere: Harry Saltzman, uno dei produttori, aveva sentito parlare di Tirrenia e degli studi Pisorno - a metà strada tra Pisa e Livorno, città dalle quali presero appunto il nome - da poco rilevati da Carlo Ponti, che li aveva ribattezzati Cosmopolitan, nome assai più internazionale ed attraente. Ma anziché Sean Connery, arrivò Sophia Loren per I sequestrati di Altona e il costosissimo Madame Sans Gene.

Pochi conoscono questo capitolo di storia del cinema italiano, uno dei tanti nati proprio sotto il regime fascista, che al cinema teneva moltissimo, e la mostra "Tirrenia città del cinema. Pisorno-Cosmpolitan 1934-1969", che si aprirà il prossimo 22 marzo a Palazzo Blu di Pisa, la racconta con dovizia di particolari, curiosità e qualche cimelio, tra i 600 esposti. Organizzata dalla Fondazione Palazzo Blu di Pisa, realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino e curata con passione da Giulia Carluccio, la mostra riconosce il valore della pur frammentata realtà produttiva e artistica del cinema italiano, con qualche locale velleità.   

"Fin dal suo sorgere - ricorda Cosimo Bracci Torsi, Presidente della Fondazione Palazzo Blu che organizza l'esposizione a Pisa -, gli stabilimenti di Tirrenia dimostrano di essere stati un tentativo unico in Italia. Ideati e realizzati, oltretutto, da un personaggio abbastanza straordinario come Giovacchino Forzano, amico del Duce e di D'Annunzio, librettista per Puccini, grande appassionato di cinema. Il percorso, però, fu accidentato, con un'interruzione per la guerra, degli elementi di cronaca nera nel dopoguerra, fino ai tentativi di rilancio con Ponti. E' davvero uno spaccato della storia del cinema italiano quello che è passato attraverso Pisorno in questi trentacinque anni di attività, un elemento importante anche nella storia del territorio toscano".

Quello di Tirrenia città del cinema rimane pertanto un episodio non secondario che rispecchia, in una dimensione relativamente modesta, tutta la storia del cinema italiano e la compendia. "E' vero - prosegue Bracci Torsi - e nello stesso tempo racconta anche un periodo della nostra storia e del costume, il rapporto tra il fascismo e il cinema, il concetto di autarchia che in definitiva ha ispirato la nascita di questo stabilimento che era a ciclo completo, il primo che rendeva la produzione cinematografica italiana totalmente indipendente".

La curatrice Giulia Carluccio ha scoperto, studiando Tirrenia, quanto Forzano sia stato in fondo coraggioso. "Ebbe non solo il coraggio - precisa - ma la capacità di pensare a una fabbrica del cinema modernissima. La stessa concezione architettonica degli studi, purtroppo oggi completamente in rovina, è molto avanzata: disegnati da Antonio Valente, riprendono lo stile e le strutture degli studi hollywoodiani più moderni. E' stata una grande impresa, che pagò il suo declino con la nascita di Cinecittà, avvenuta nel '37. Anche se la Pisorno soffrì più per la guerra, nonostante Forzano riuscì addirittura ad avere un aiuto dal Piano Marshall. Ma a quel punto, bilanciare la convinenza con Roma fu difficile, se non impossibile".

Alla Pisorno furono girati circa 160 film e d'ogni genere: storici, commedie, i film di cappa e spada, western, telefoni bianchi, musical nostrani. Transitò un po' tutto il cinema italiano ed è interessante studiarlo e vederlo da questa angolazione specifica. Numerosi i divi che sfilarono per quegli studi: Macario, De Filippo, Totò, Vittorio De Sica, Alida Valli, Amedeo Nazzari, Mastroianni e Claudio Villa, fino a Bolognini e L'assoluto naturale, il film col quale la Pisorno chiuse definitivamente i battenti. 

"La mostra presenta nelle sue diverse sezioni documenti molto interessanti - conclude la curatrice -. Abbiamo, per esempio, nella prima parte alcune lettere di Forzano al Duce, che abbiamo selezionato dal suo carteggio, di cui una molto curiosa, in cui Forzano raccomanda l'ottantaduenne Freud a Mussolini, sostenendo che ci sono anche degli ebrei che meritano attenzione. Poi abbiamo tutta una serie di oggetti e materiali pubblicitari mai visti, che rendono l'idea di quello che è stato il cinema e il modo di promuoverlo. E poi bozzetti per costumi e scenografie, come quelli di Vittorio Valente e Italo Cremona, presentati in originale, che pochi hanno visto. Così come i disegni originali di Guttuso per I sequestrati di Altona di De Sica, un corpo di quindici chine, di grande rarità. Materiali che abbiamo reperito dopo un lavoro complesso, perché abbiamo voluto mettere insieme documenti e materiali diversi e farli dialogare tra loro, dal reperto legato alla storiografia tradizionale al manifesto pubblicitario e al cineromanzo. In questo dialogo veniamo a conoscere quella che è stata la produzione del nostro cinema, in questo caso legata a un periodo cruciale del '900 ed a stabilimenti che hanno conosciuto alterne fortune".