“La libertà di stampa è il diritto che consente ai giornalisti di essere i veri guardiani della democrazia. Mi è stato insegnato quando ero piccolo e resta una verità assoluta. Nel ’71, Nixon non voleva rendere noti i Pentagon Papers ed è servita una sentenza della Corte Suprema per pubblicare. È stato un atto inaudito, che non accadeva dai tempi della guerra di secessione americana. Oggi la minaccia è reale, i quotidiani devono andare avanti con la schiena dritta”. Così Steven Spielberg presenta The Post, in uscita nelle sale italiane giovedì 1 febbraio distribuito da 01 Distribution.

The Post
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Cosa accadde nel 1971? Vennero alla luce le menzogne che l’allora presidente Lyndon Johnson aveva, per suo tornaconto, dato in pasto all’opinione pubblica sulla guerra del Vietnam. Un militare, Daniel Ellsberg, uno dei “geniacci” reclutati dal segretario della difesa McNamara, trascrisse in segreto le Carte del Pentagono per farle pubblicare sul New York Times, ma il nuovo presidente Nixon riuscì a bloccarne l’uscita. Il Washington Post passò al contrattacco: il direttore Ben Bradlee e la proprietaria Kay Graham (Tom Hanks e Meryl Streep nel film) si schierarono in prima linea per garantire la libertà di espressione. Così si venne a sapere che gli Stati Uniti si erano impegnati nel conflitto ben prima che il Congresso (e il popolo) ne venissero a conoscenza, con bombardamenti in Laos, Cambogia e Vietnam del Nord, senza contare alcune azioni di guerriglia.

“La stampa americana ha sostenuto questo film con grande interesse. Quasi quotidianamente, i giornalisti devono respingere gli attacchi che ricevono dall’attuale amministrazione. Devono lottare contro la disinformazione, contro la dicitura fake news, che il nostro presidente utilizza per condannare una notizia che non approva”. La leonessa di questa storia è Katharine Graham, “una donna che si è trovata ai vertici della sua professione con la difficoltà di trovare la voce, la forza, per farsi valere in un mondo governato da soli uomini”, aggiunge Spielberg.

Katharine Graham ha il volto di Meryl Streep. “Quello che mi ha attratto di questa avventura è il coraggio. All’inizio Ellsberg ha sfidato la legge contro lo spionaggio per i suoi principi. In molti hanno rischiato la carriera per poter stampare quei rapporti. Ben quattro amministrazioni avevano mentito al popolo americano, e Nixon era solo l’ultimo del gruppo. Graham ha deciso di sfidarlo, con una redazione di giornalisti maschi in cui le donne potevano fare al massimo le segretarie. Lei non poteva immaginare che si sarebbe trasformata in un’icona per le generazioni future. Il coraggio si può apprendere e noi dobbiamo insegnarlo alle nostre ragazze, sulla scia di Ben Bradlee e di chi è venuto dopo di lui”. Interviene Spielberg: “Bradlee ha portato il Washington Post trai i grandi, e pochi anni dopo hanno costretto Nixon a dimettersi in seguito allo scandalo Watergate”.

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Tom Hanks è Ben Bradlee. “Lui aveva un carattere molto competitivo, aveva una grande passione ed era sempre alla ricerca della notizia giusta. Nel 1971, il Washington Post era un quotidiano “locale”, a Washington il numero uno era il Washington Star. Bradlee non dormiva la notte pensando che il New York Times potesse avere una storia a lui sconosciuta. A un certo punto, in una delle sequenze più divertenti, Ben dice: Non possiamo arrivare secondi nel cortile di casa nostra. Questo era il suo spirito”, spiega Hanks.

Dalla libertà di stampa a quella di espressione, Meryl Streep ci parla di cosa sta cambiando a Hollywood: “Non so perché questo scandalo sia esploso adesso. Forse perché l’umanità fa fatica a imparare. L’aria sta cambiando non solo a Hollywood, ma in ogni posto di lavoro. Le donne stanno alzando la testa ovunque. Sono molto ottimista per quello che verrà, perché penso che questi siano tempi davvero interessanti. Forse faremo qualche passo indietro, ma poi andremo avanti meglio di prima”.

Conclude Spielberg: “Durante la Seconda Guerra Mondiale, la leadership femminile è stata il motore della società. Gli uomini erano al fronte e le donne guidavano gran parte dell’industria, ma alla fine del conflitto non sono riuscite a capitalizzare, e non è cambiato nulla. È una lotta di potere, una battaglia dei sessi, che continua da lungo tempo. Da parte nostra, serve un maggiore autocontrollo, bisogna imparare che anche un no può essere una risposta. Spero che questo film possa aiutare tutte coloro che stanno ancora cercando una voce per farsi sentire nella notte”.