“Un po’ thriller, un po’ noir, ma quello che contava era liberare la struttura, proprio come avviene nel romanzo da cui siamo partiti (Oh, di Philippe Djian, edito in Italia da Voland, ndr), nel quale erano già presenti molte situazioni caustiche e momenti di ironia. Questo perché la vita non è un genere e nel cinema si tende troppo spesso a categorizzare, a rimanere intrappolati. Non volevo che il film fosse incasellato in un genere, d’altronde capita a chiunque che la mattina ti trovi a vedere cose terribili e la sera a ridere per tanti altri motivi”. Dopo l’ottima accoglienza allo scorso Festival di Cannes, l’affermazione ai Golden Globes (miglior film straniero, miglior attrice) e ai César (miglior film, miglior attrice), Paul Verhoeven accompagna il suo Elle per l’uscita in sala italiana, prevista il 23 marzo con Lucky Red, che distribuirà il film su circa 100 schermi.

La storia è quella di Michèle (Isabelle Huppert, candidata all’Oscar), donna imperturbabile a capo di una grande società di videogiochi, che gestisce gli affari alla stessa stregua dei rapporti sentimentali: con il pugno di ferro. Un ex marito che non è comunque uscito dalla sua vita, un figlio un po’ bamboccio che sta per diventare padre, un amante, nonché marito della sua migliore amica e partner d’azienda, una madre che nonostante l’età avanzata ancora si trastulla con aitanti gigolò e un padre, ormai quasi 80enne, che da 40 anni è in galera per aver ucciso 27 persone: Michèle tiene tutti (e tutto) sotto controllo. Tranne una persona, e una situazione: un uomo mascherato, sconosciuto, che è entrato di forza nella sua abitazione, malmenandola e stuprandola. E che, a quanto pare, ancora osserva ogni sua mossa…

Isabelle Huppert in una scena del film

“Abbiamo raccontato il personaggio di Michèle così com'era nel romanzo – spiega ancora Verhoeven –. Una donna che ha subito determinati eventi durante la sua infanzia, che ha forgiato il suo carattere in seguito a quello che fece il padre quando era solamente una bambina. Una donna che però non vuole essere considerata una vittima, e lo capiamo anche quando racconta che crede di essere stata violentata, quando sappiamo benissimo che quella violenza c’è stata, ed è stata atroce”.

Ed è proprio questa forte volontà a sfuggire qualsiasi tipo di commiserazione che porta alla transizione del personaggio: “Il passaggio da vittima a colei che stabilisce questa sorta di rapporto sadomaso con il suo stupratore credo sia alla base delle difficoltà che abbiamo avuto a trovare finanziatori in America e, in ultimo, ad escluderci la possibilità di entrare nella cinquina dell’Oscar per il miglior film straniero. È un qualcosa che da quelle parti non è stata troppo digerita, si vede”, dice il regista, che racconta anche come sono andate le cose per quello che riguarda il coinvolgimento di Isabelle Huppert nel film: “Isabelle aveva già contattato l’autore del libro ancor prima che Said Ben Said, il produttore, mi contattasse negli States per propormi la lettura del romanzo. Dovevamo fare il film in America, ma oltre alla mancanza di finanziamenti, nessuna attrice era disposta a interpretare questo ruolo. A quel punto siamo tornati dalla Huppert, che senza alcun moto di orgoglio si è resa subito disponibile. Non solo: ha anche recitato senza opporre alcuna resistenza allo script di David Birke. D’altronde parliamo di un’attrice estremamente audace, fantastica quando crede nel ruolo, totalmente indifferente per quello che riguarda l’andarsi a cercare le simpatie del pubblico”.

Stati Uniti – dove l’olandese Verhoeven vive ormai da molti anni – ed Europa, il regista di Robocop, Atto di forza, Basic Instinct già nel 2006 con Black Book è dovuto tornare nel Vecchio Continente per continuare a realizzare film: “In Europa un regista è di sicuro più libero di fare film rispetto che in America. Basta guardare quello che sta succedendo da quelle parti…”, dice Verhoeven alludendo alla presidenza Trump: “Spero che Hollywood possa continuare questa mobilitazione di protesta anche realizzando film apertamente critici nei confronti di questa amministrazione. Ma lì la prima preoccupazione rimane sempre quella di guadagnare rispetto agli investimenti effettuati”.

Per quanto riguarda i suoi, di futuri progetti, il regista svela: “Prima del film su Gesù (tratto dal libro L'uomo Gesù: la storia vera di Gesù di Nazaret, scritto dallo stesso Verhoeven, edito da Marsilio, ndr) farò un film ambientato in Italia, la storia di due suore in un monastero di Peschia, vicino Firenze, tratto dal libro della studiosa americana Judith C. Brown, Immodest Acts: The Life of a Lesbian Nun in Renaissance Italy (Studies in the History of Sexuality)".

Un altro film che, possiamo scommetterci, farà parlare di sé.