“Come già nel romanzo, avevo il desiderio di immaginare qualcosa che non c'è sulla scena politica, ma non voglio fare lamentele: ne abbiamo già fatte tante. Il protagonista incarna quel vento di cambiamento che desideriamo tutti”. Così il regista Roberto Andò presenta Viva la libertà, tratto dal suo libro Il trono vuoto, prodotto da Angelo Barbagallo e dal 14 febbraio nelle nostre sale in circa 100 copie targate 01Distribution.
Nel film, applaudito dalla stampa, il segretario del principale partito d'opposizione, Enrico Oliveri (Toni Servillo), si dilegua senza lasciare tracce dopo l'ennesimo sondaggio negativo. Fioccano le illazioni, il suo factotum Andrea Bottini (Valerio Mastandrea) e la moglie Anna (Michela Cescon) continuano ad arrovellarsi sul perché della fuga, finché non decidono di incontrare il fratello gemello del segretario, Giovanni Ernani (Servillo), un filosofo geniale segnato dalla depressione bipolare: mentre Oliveri trova rifugio in Francia dall'ex fiamma Danielle (Valeria Bruni Tedeschi), qualcuno in Italia prende il suo posto…
“L'idea dello scambio è vecchia, basti pensare alla letteratura – dice Andò – io ho messo tanta leggerezza ma non avrei fatto questo film senza Toni Servillo: il suo volto ha le pieghe della vita e insieme qualcosa di ipotetico, proietta il pensiero”. “Una ghiotta occasione”, ribatte Servillo, e sottolinea: “E' necessario che la politica quando fa azione ritorni a far riferimento alla cultura, che è slancio morale”, mentre Mastandrea parla del proprio quale “un secondo ruolo da cinema americano, da medaglia d'argento: la cosa tremenda è che mi sono quasi piaciuto”. E sul collega: “Con Toni è lavorare come con una Digos creativa: sa tutto di sé e di te”. Viceversa, la Bruni Tedeschi parla di “un film non solo su un politico ma su noi stessi: forse Oliveri ed Ernani sono un'unica persona, Es e Super-Io. Ernani non vuole potere ma libertà, per una volta vince questa persona dentro di noi e mi dà tanta allegria”. “Mi sta a cuore la sinistra, va sostenuta e riqualificata la differenza con la destra”, aggiunge Andò”, rilevando come “nonostante la buona volontà di tante persone la speranza è soffocata da stanchezza e condizionamenti: il nostro paese è un luogo da predatori, la vicenda del Monte dei Paschi sembra incredibile”. Ma, citando Camus, “quando la speranza non c'è bisogna inventarla”. “Spero Viva la libertà possa servire a qualcosa, sia emozione al servizio del pensiero - gli fa eco Servillo – ma sono qui per suggerire, non sostenere o lanciare messaggi politici, ruffianerie. Se altri (i politici, NdR) non dovrebbero, noi trucchiamo la realtà, siamo attori, gente di cui non fidarsi… Nel teatrino della politica, viceversa, ci sono tante maschere, dibattiti in cui non si capisce nulla, calciatori (Balotelli, NdR) che portano più compensi: bisognerebbe spegnere la tv”.
L'unico diretto riferimento politico nel film è a Enrico Berlinguer, che campeggia in una fotografia nello studio di Oliveri: “Nei tanti italiani che l'hanno amato ha proiettato un volto scavato, serio, rigoroso ma capace di un sorriso meraviglioso. Berlinguer ha vissuto momenti molto difficili ed è finito isolato, ma il suo volto proietta ancora molto, al pari di quello di Aldo Moro, per cui Sciascia aveva parlato di pessimismo meridionale”, dice Andò. Ma la sua non è nostalgia per il passato e disillusione per il presente: “Io scommetto positivamente sul futuro, stiamo scavalcando un momento difficile, e Berlinguer è il talismano”.
Viva la libertà arriverà in sala a 10 giorni dalle elezioni, ma il regista non è preoccupato per eventuali cortocircuiti: “Non è cronaca politica, non c'è la possibilità di strumentalizzarlo. E' chiara la mia provenienza e la mia anima, ma ho il desiderio di mettere fuori questo film perché se ne appropri chi vuole: nel comizio di Ernani ispirato alla poesia di Brecht A chi esita si sente dire che la politica va restituita all'anima dei cittadini”.
Nel film compare anche Federico Fellini in uno spezzone d'archivio in cui – dice Andò – “si incazzava contro l'inizio della degenerazione televisiva, scagliandosi contro le interruzioni pubblicitarie: dimostra quel che si può fare con la politica, si rende conto che qualcosa sta per far franare la civiltà”. Del resto, prosegue il regista in riferimento ai talk show politici, “la televisione registra vaniloqui o parole più armoniose, ma si limita a far da amplificatore e a sua volta viene amplificata dai giornali”.
Se il co-sceneggiatore Angelo Pasquini mette l'accento su “passione e leggerezza”, il produttore Barbagallo, già sodale di Nanni Moretti fino a Il Caimano, dichiara: “Io non li voglio più fare i film da cui si esce senza speranza”, con Andò a dargli man forte: “Viva la libertà è un atto di speranza che consegniamo a un paese che non l'ha persa. Da parte mia, spero vinca la sinistra”.
L'ultima parola a Servillo, cui viene chiesto da un giornalista se si sia ispirato per Oliveri a Bersani e per Ernani a Renzi:  “Ha toppato, non ho pensato né all'uno né all'altro, per un attore vorrebbe dire avere degli orizzonti limitati”. Infine, chiosa su Ernani: “Non è un pazzo, se no questo film sarebbe una commediola: è un uomo lucido. I miei riferimenti non hanno nulla a che fare con la politica: sono scrittori, docenti universitari, intellettuali eccentrici. Gettiamo il sasso nell'acqua stagnante con un film che è energia vitale, anche perché metterla in campo per rimboccarsi la lapide non avrebbe senso”.