“Vivo molto da fan e poco da protagonista”. Tra pubblico e privato, è il Carlo Verdone che (non) t'aspetti: attore in Manuale d'amore 3 e regista di Posti in piedi in Paradiso, nel frattempo parla  a 360° della situazione comica italiana.
Verdone, partiamo da Zalone?
Il pubblico ha voglia di novità: il successo strepitoso di Zalone, sorretto dai giovani, premia un personaggio ignorante e scorretto, ma Luca Medici ha studiato, ha sensibilità. Checco è un po' lo specchio dei nostri tempi: candore, scorrettezza, cattiveria e dolcezza si mischiano in modo bipolare, come nel mondo.
Come ridiamo oggi?
Non abbiamo bisogno di commedie sempliciotte, perché quello è un pubblico inaffidabile, da curva. Viceversa, ben venga la commedia con temi più seri: comicità e malinconia, dramma e ironia. Penso a Mine vaganti di Ozpetek, La prima cosa bella di Virzì e il mio Io, loro e Lara, dove interpreto un sacerdote, personaggio non facile.
Dunque, un momento felice?
E' da due anni che c'è un grande interesse per il nostro cinema, a scapito di quello americano, che si salva solo con quei titoli che fanno autocritica, come American Life, piccolo e semplice, dove non ci sono eroi né spot elettorali, bensì un Paese depresso che si lecca le ferite.
Si mangia con il cinema?
Eccome, se si mangia, si fanno milioni di euro: Benvenuti al Sud e Zalone da soli ne fanno 60-70, e poi Aldo, Giovanni e Giacomo, il cinepanettone, Brizzi. La nostra industria fa soldi, l'importante ora è concentrarsi su dei buoni soggetti, nuovi e non volgari.
E col cinepanettone come la mettiamo?
E' un prodotto che ricicla se stesso: c'è da chiedersi dopo 27 anni se sia ancora in grado di farlo.
In generale, c'è accanimento contro la commedia?
Certo, esiste un pregiudizio, una spocchia intellettuale, nata tanti anni fa con i Cahiers e la Nouvelle Vague, passando per il festival di Cannes: la commedia è naif, tutto il resto è d'autore. Ho un aneddoto su Cannes. Andai a pranzo da Tognazzi, e lo trovai sempre gentile, generoso, ma depresso: “C'è che sono andato a Cannes ed è stato un successone (vinse nel 1981 con La tragedia di un uomo ridicolo di Bertolucci, NdR), ma oggi non lavoro più: non ho più copioni”. Belle critiche, premi, ma il percorso di qualità in cui s'era messo ha fatto sì venisse considerato un fuoriuscito: gli proposi di fare una cosa insieme, ma poi non se ne fece nulla.  Comunque, credo che questo ostracismo nei confronti della commedia abbia depresso la creatività degli scrittori: sanno già in partenza che non avranno allori critici, indi…
Come se ne esce?
Il pregiudizio va avanti, se ne uscirà difficilmente. Ma attenzione: l'85 % delle commedie non è degno dei festival, e sono io il primo a dirlo, ma il 20% meriterebbe di andarci.
Eppure?
Il fatto di non sdoganare la commedia non spinge i produttori ad alzare il tiro e rischiare. Ma è una lunga storia: vi ricordate le bastonate al De Sica di Miracolo a Milano, a Germi e tanti altri? Da Chiarini a Mida, si compirono errori critici storici terrificanti, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Era il rammarico di Sordi, che non riuscì mai a imporsi in Europa e se la prendeva con francesi e americani: non sappiamo imporre i nostri prodotti, ma importiamo tutto.
E siamo molto ospitali: in Manuale d'amore 3  la new entry si chiama Robert De Niro.
Una grande emozione conoscerlo: fa parte della storia del miglior cinema Usa, dove ha dato umanità e verità all'antieroe, con problemi e miserie varie. Oggi l'ho trovato appagato, equilibrato, disponibile, umile e attento al nuovo.
Che cosa condividete?
La lotta contro l'aridità. Non voglio che la mia vita sia assorbita tutta dal lavoro, ma coltivare i miei interessi: vivo molto da fan  e poco da protagonista, e  sono molto tifoso dei miei figli. Addirittura, Bob è felice di essere nonno.
Ma nel prossimo Posti in piedi in Paradiso, sul set in aprile, inquadrerà i genitori divorziati.
Racconto una parte di società in grave difficoltà, che ha deragliato per gli errori dei padri. Ho inserito anche un personaggio femminile (Micaela Ramazzotti, Ndr), perché non è un film contro le donne, e nel finale entrano in campo i giovani, i figli: sono loro a sostenere i padri, in qualche modo sono più maturi loro dei genitori. Il problema dei padri divorziati è un fenomeno che racconta bene quest'epoca, la fine della  grande illusione: dagli hedge fund siamo passati alla miseria, alle conseguenze del disastro capitalistico. Insomma, è  la società liquida quella che inquadro.