“La politica di Sarkozy è spaventosa. I suoi provvedimenti richiamano immani catastrofi della recente storia europea”. Così il regista francese Abdellatif Kechiche, che dopo il premiato Cous cous del 2007 torna in Concorso a Venezia con Venus noire, per raccontare la storia vera della “Venere ottentotta” Saartjie (Sarah) Baartman, che all'inizio del XIX secolo divenne un fenomeno da baraccone a Londra e Parigi.
In quasi 3 ore di film, si ripercorre la vita della Baartman (la non professionista Yahima Torrès, protagonista di una prova sofferta e straordinaria), che alla mano del boero Hendrick Caezar (Andre Jacobs) lascia l'odierno Sudafrica per le fiere e gli zoo umani londinesi e quindi, venduta al domatore di orsi Réaux (Olivier Gourmet), per i salotti della Ville Lumière.  Troverà pura la prostituzione e medici scientificamente interessati alla conformazione della sua scatola cranica (l'anatomista George Cuvier, qui interpretato da François Marthouret), alle natiche ipertrofiche e agli organi genitali abnormi: morta il 29 dicembre 1815, per polmonite o malattia venerea, il calco in gesso, lo scheletro e i barattoli con il cervello e i genitali in formaldeide rimarranno conservati per quasi due secoli al Musée de l'Homme per essere restituiti al Sudafrica solo nel 2002.
"L'esibizione del corpo di Saartjie evolve fino all'abisso, mentre gli sguardi si poggiano su questo corpo anomalo", afferma il regista, rivendicando come “purtroppo questa vicenda ha una portata politica. Non per caso, le teorie degli scienziati dell'epoca hanno trovato eco anche recente nel risorgere dei fascismi: oggi le parole si sono sciolte nei discorsi razzisti e xenofobi, nei provvedimenti contro i rom e gli extracomunitari attuati in Francia” e rispedendo al mittente le recriminazioni sull'eccessiva lunghezza: “La mente prevalga sulla vescica”.
Se Yahima Torrès parla di “un lavoro molto fisico, tra danza, respirazione e lezioni di afrikaner per impadronirmi di Sarah e farne risaltare le emozioni nonostante sia quasi muta”, Kechiche osserva: “Dopo la morte, non hanno rispettato la sua volontà e l'hanno violentata: questo mi porta a interrogarmi su ciò che siamo, e ciò che sono, al riparo del gruppo. Venus Noire vuole riflettere sulla responsabilità collettiva: anche nel branco, la responsabilità rimane individuale”.