Residence Bastoggi. Da questo documentario che racconta il quartiere periferico tra Boccea e Torrevecchia nasce lo spunto per Come un gatto in tangenziale, il nuovo film di Riccardo Milani nelle sale dal 28 dicembre, distribuito da Vision.

“Ero al montaggio di un mio film - racconta Milani - e nella moviola accanto si stava montando questo documentario. Lì ho conosciuto questo quartiere sconosciuto anche ai romani, un quartiere pericoloso e difficile, abbandonato. Quando poi mia figlia mi ha detto di essersi “innamorata” di un ragazzo di quel quartiere mi è venuta la voglia di raccontarlo con un film”.

E questo film racconta dell’amore impossibile tra due ragazzi, forse anche tra i loro genitori provenienti da classi sociali opposte: Antonio Albanese, borghese benpensante dalle ambizioni sociali e politiche di riqualificare le periferie tramite il parlamento europeo, e Paola Cortellesi, donna sotto-proletaria dai molti lavori per cercare di far restare il figlio onesto, al contrario delle sorelle e del marito in carcere (Claudio Amendola, parrucchiere con shatush e vizio di usare le forbici anche per accoltellare).

“Io sono nata in periferia - dice Cortellesi -, alla borgata Massimina, e conosco certe situazioni di difficoltà e degrado. Per questo mi piace raccontarle, mi piace interpretare personaggi che vengono da lì soprattutto in chiave di commedie: quei luoghi sono raccontati solo dalla cronaca, in veste di dramma. E invece da quel dramma può emergere la buona volontà, la commedia, la vitalità della gente”.

Anche Albanese pensa che l’ironia possa essere una chiave privilegiata per raccontare certe situazioni: “Ho improntato tutta la mia carriera sull’ironia, sul cercare di riflettere su temi e personaggi attraverso la parodia, la satira. È stata da sempre una grande qualità degli italiani e del nostro cinema, una qualità che stiamo perdendo e che mi piacerebbe venga recuperata anche per riparlare del dramma delle periferie”.

L’orizzonte è evidentemente quello della commedia all’italiana, ma c’è anche un lavoro che potremo dire di prossimità nel raccontare Bastoggi: “Siamo stati del tempo con le persone del quartiere, li abbiamo coinvolti nel nostro lavoro, hanno fatto parte della troupe: per esempio, i figuranti in spiaggia sono tutte persone del quartiere che abbiamo portato con noi in pullman, le due gemelle che vivono con Paola non c’erano in sceneggiatura, ma poi ci hanno raccontato le loro storie e abbiamo deciso di inserirle”.

L’ascolto e la conoscenza sono stati parti fondamentali come spiega anche Cortellesi: “Parlare con queste persone ci ha fatto scoprire o riscoprire un’umanità che di rado si racconta. Storie drammatiche e cupissime che però sanno anche trasformarsi in modi di reagire, in racconti di vitalità, in risate. Ed è esattamente il modo in cui volevamo raccontarli”.

 

E sullo sfondo resta la crisi di un certo pensiero accomodante, forse di sinistra o forse più semplicemente vecchio: “Il personaggio che interpreto - dice Albanese - è emblematico di un modo di pensare e fare politica che non ha dato frutti. Quando sento persone in tv che parlano di degrado urbano, droghe, malavita penso che non sanno di cosa parlino, che non sono mai state in quartieri come Bastoggi, che non ne conoscono davvero la cultura, la pericolosità e allo stesso tempo la possibilità di rinascere. Bisognerebbe imparare a conoscersi davvero”.